Gramigna: Italcanditi, Made in Tuscany
La responsabile del Dipartimento tutela del Made in Italy di Forza Italia Toscana Antonella Gramigna: “Italcanditi, Made in Tuscany”
La notizia che riguarda l’Italcanditi, controllata da un fondo d’investimento e proprietaria dell’Ortofrutticola Mugello, che intende spostare dal 30 gennaio la produzione dei marron glacé, da Marradi in Lombardia dopo 38 anni, mette nuovamente il dito nella piaga della delocalizzazione delle imprese.
La ’fabbrica dei marroni’, così definita, con oltre ottanta lavoratori, e quasi tutte donne, più altrettanti castanicoltori d’indotto, rappresenta qualità e ottima produzione del nostro Made in Italy.
La nemmeno troppo nascosta decisione di delocalizzazione a Bergamo, qualora davvero avvenisse, oltre alle ripercussioni sull’economia, danneggerebbe l’immagine stessa del paese, riconosciuto da tutti come “capitale della castagna”.
Senza lo stabilimento, Marradi sarebbe mutilato, verrebbe a mancare un elemento fondamentale della filiera, ne risentirebbero sia i lavoratori, come ovvio, ma anche il brand della castagna, nonchè le frequentatissime sagre molto frequentate ( a parte il periodo contingente) ed i pregiati marron glacé, qui prodotti e ordinati perfino dalla regina Elisabetta d’Inghilterra, oltre al turismo, e la cultura.
Marradi, sparirà per questo? Non certo come località, ma come simbolo di un prodotto di qualità, sicuramente si.
Da una parte, quindi, la tutela del marchio a firma Marradi, e la sopravvivenza di posti lavoro, dall’altra l’impresa. Da liberale, liberista, quello che mi chiedo è ” Perchè”? Quale il motivo per cui un’azienda decide di spostarsi? Questo il vero punto focale.
Inutile e dannoso scagliarsi alacremente contro chi, da imprenditore, fa le sue scelte, e questo non significa mettersi contro il mondo del lavoro, anzi.
Credo che se un’impresa delocalizza bisogna andare prima a vedere il perché lo fa. Vi sono situazioni nelle quali non esiste più speranza per un determinato prodotto in Italia e allora se l’unica sede è in Italia si cerca di guardare altrove. Si chiama fare impresa.
Ma ci sono in gioco posti di lavoro. Giusto.
E per questo occorre rivedere urgentemente cure di accompagnamento e welfare, e fare scelte nell’ambito Unione europea nella quale ci troviamo.
A chi non dispiace se vengono persi posti di lavoro? Ma non possiamo dare l’immagine di un Paese che vuole bastonare le sue aziende. Dobbiamo fornire a tutti, da una parte e dall’altra strumenti capaci, idonei e ricordare alcuni principi cardine, fondamentali.
Quali? Il posto di lavoro è un diritto, ma se l’impresa è privata, e quindi soggetta a bilanci e verifiche,e scelte maggiormente convenienti, può decidere di rivederne gli assetti, anche di sedi o numeri di addetti.
Bisogna fare attenzione al concetto di libertà d’impresa, con l’individuazione dei criteri di eticità ed eccellenza nel territorio e ” best practices”.
È un dato condiviso da molti che la forza imprenditoriale regga il nostro sistema sociale, ne caratterizza lo spirito e il bagaglio di capacità; la responsabilità d’Impresa permette che lo Stato si occupi del bene comune e dell’indirizzo politico, lasciando che le energie del lavoro accrescano lo sviluppo e il benessere della società, ma tendere al benessere della persona e della società.
Ed è in questa direzione che l’imprenditore riveste un’importanza centrale dal punto di vista sociale , perché si colloca al centro di quella rete di legami tecnici, commerciali, finanziari, culturali che caratterizzano la moderna realtà d’impresa.
L’imprenditore, è ovvio guardi al profitto, ma insieme al mondo del lavoro cerca di rendere il suo prodotto qualitativamente il migliore. Non potrà mai esistere l’uno senza l’altro. Dovere etico dell’imprenditore è di reinvestire e rischiare il proprio capitale in iniziative di nuova imprenditorialità, facendosi creatore di economia reale, esprimendo innovazione e crescita delle risorse umane, collegando lo sviluppo dell’impresa con lo sviluppo del sistema.
Il primo teorema dell’economia del benessere afferma che le condizioni ottimali di efficienza vengono realizzate tramite una geometria che perimetra un’economia del benessere, con strumenti di redistribuzione, imposte o sussidi in somma fissa (lump sum tax), un’economia concorrenziale che consente di raggiungere qualsivoglia stato sociale sulla frontiera massima dell’utilità, un welfare più inclusivo, politiche del lavoro più importanti al fine di aumentare la nostra ricchezza. Soprattutto all’estero. Chiediamoci perché siamo tra i grandi Paesi ,il meno attrattivo di tutti: giustizia civile, fisco, burocrazia, questi sono i temi di cui occuparci.
L’impresa etica, dunque, non è quell’impresa che deve comunque garantire ma, consapevole del proprio grande ruolo sociale, agisce nel rispetto di una scala di valori imprescindibili e ampiamente condivisa all’interno dell’ambiente in cui opera.
La realizzazione concreta dei principi etici è identificabile in alcune virtù nelle quali si deve riconoscere un imprenditore: la creatività, l’amore per l’impresa, la passione, l’orgoglio per i frutti prodotti, la valorizzazione delle risorse umane e l’intelligenza nelle scelte. La buona economia si realizza indubbiamente grazie ai buoni imprenditori: dove essi lavorano per l’impresa e con l’impresa, dove il manager è prima di tutto un lavoratore corresponsabile insieme agli altri lavoratori. Tali caratteristiche valoriali apportano vantaggi alla società sotto forma di benessere, crescita culturale e spirituale, educazione e senso della comunità.
Forza Italia si avvicina da sempre ad entrambi questi mondi: quello del lavoro e delle imprese.Ed alle idee dei sindacati quando lottano per questi principi.
Non si può impedire la libertà d’impresa, ricordiamocelo sempre. Piuttosto va accresciuta per creare più occupazione e ricchezza. È questa la sfida e la bandiera di Forza Italia. Sono 30 anni che si parla di delocalizzazioni. Oggi si delocalizza per altre ragioni rispetto a quelle degli anni Novanta.
Le prime erano tutte dovute al costo del lavoro, oggi si delocalizza per ragioni di opportunità, ad esempio per migliorare un prodotto. È il consumo che decide la produzione. Ci sono produzioni che sono a fine vita e se non vengono portate altrove le imprese muoiono. Ma non è questo il caso. L’azienda di Marradi è una vera eccellenza, e non si capiscono a fondo le motivazioni per doverla spostare a Bergamo, se non per accordi che si discostano non poco dalla suddetta ” etica” delle imprese.
Se è vero, come vero che la nostra sfida, quella del Made In, è quella di una sempre maggiore qualità, e bellezza conosciuta nel mondo, assieme al renderci competitivi nei confronti degli altri Paesi, resta il fatto che ciò non si ottiene con una legge ma con una serie di comportamenti, una riforma fiscale seria e una riforma degli ammortizzatori a lungo termine.
Non è possibile pretendere di evitare le chiusure e nazionalizzare tutto. L’Unione Sovietica è finita da tempo, per fortuna. E sia il mondo del lavoro, che riguarda famiglie, donne e uomini, che il mondo delle imprese, coloro che di fatto sborsano ogni giorno ingenti somme per salvaguardare la nostra economia, debbono avere sempre massimo rispetto e attenzione da parte della politica.
Antonella Gramigna, Responsabile Dipartimento Tutela del Made in Italy Forza Italia Toscana
Lascia un commento