La verità sull’accordo con la Cina
In questi giorni siamo bombardati da notizie e commenti, come sempre diametralmente opposti, sulla vicenda della firma del Memorandum di accordo commerciale con la Cina, la cosiddetta “via della seta”, e dei vantaggi che dovrebbe portare al nostro paese. Proviamo a fare un po’ di ordine per farci un’idea corretta al netto della propaganda e dell’atteggiamento accondiscendente della stampa.
Il Memorandum. Il tanto decantato accordo in realtà non è che una scatola vuota, un semplice accordo di massima senza contenuti specifici, che dovranno essere ratificati in una fase successiva. Il suo valore non è, come vedremo in seguito, economico, ma politico: si tratta della legittimazione di un mastodontico progetto di espansione del governo cinese al quale nessun altro paese del G7 aveva dato aderito (tra i maggiori firmatari infatti vediamo il Portogallo, la Grecia, la Polonia e l’Ungheria – non certo le più grandi potenze economiche della UE). Più voci, alla vigilia della visita del Presidente cinese in Italia, avevano espresso ufficialmente preoccupazione per l’eventuale firma dell’accordo, tra cui gli Stati Uniti che hanno parlato di un evento che “minerebbe la collaborazione tra imprese americane ed italiane”. Senza contare la pericolosità della parte del Memorandum che parla genericamente di “telecomunicazioni”: il tema tocca tecnologie strategiche per la sicurezza nazionale, tra cui il 5g, che rischierebbero di aprire un varco all’intelligence cinese sia nel cuore della rete informativa italiana sia in quella europea, tramite noi.
Gli accordi commerciali. Per favorire la nostra adesione il governo cinese ha stabilito degli accordi con il nostro paese (potremmo usare il termine “un contentino”), in particolare per l’esportazione di arance e di carni suine, per un importo stimato di 2,5 miliardi di euro. Il nostro governo lo ha propagandato su tutti i canali possibili come una sua grande vittoria. Ma ci sono una serie di “ma” e di false informazioni. Cominciamo con il dire che la Cina è il principale produttore mondiale di arance (tra cui il Tarocco Siciliano) e di carne suina: in pratica venderemo il ghiaccio agli eschimesi, invece di puntare su prodotti ad alto valore aggiunto come i nostri DOP.
Le arance di Di Maio. Abbiamo visto il nostro vicepremier festeggiare trionfalmente per l’apertura al commercio delle arance in Cina, ottenuta a suo dire grazie al governo, ma come sempre si tratta di notizie false e manipolate. Il primo via libera all’export delle arance arrivò nel febbraio del 2017, limitatamente al trasporto via mare, e fu integrato dal trasporto per via aerea nel gennaio 2018 grazie alle procedure portate avanti dalla Regione Sicilia. E allora perché stiamo festeggiando adesso l’apertura all’esportazione per via aerea delle arance? Propaganda, sempre e solo propaganda.
La beffa francese. La questione ha raggiunto i toni del ridicolo quando il Presidente cinese è andato in visita a Parigi e ha siglato accordi con il governo francese per l’acquisto di 30 miliardi di euro di aerei con la Airbus più alcuni miliardi per la costruzione di impianti eolici e la fornitura di navi, e, soprattutto, ha firmato un accordo di cooperazione e partenariato nei mercati dei paesi africani, vera miniera d’oro per il futuro dell’economia. Il tutto senza ottenere l’adesione francese al progetto della “via della seta”, che i nostri cugini transalpini giudicano un’apertura del mercato interno suicidaria ad un pericoloso concorrente. La parte divertente è che il nostro Ministro delle politiche agricole ha dichiarato sulla stampa che Macron non deve essere invidioso. Sinceramente non penso che lo sarà.
Conclusioni. Il nostro governo, sempre più irrilevante a livello internazionale, si è prestato a legittimare il progetto di espansione del governo cinese, ottenendo in cambio delle noccioline da propagandare come una grande vittoria, mentre i francesi hanno fatto ottimi affari senza cedere un millimetro della loro sovranità. Come al solito l’effetto notizia passa sopra gli interessi dei cittadini.
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