Mentre chiude la Pernigotti Di Maio se ne va dai Gilet Gialli
Solo un mese fa, esattamente il 5 gennaio, Di Maio aveva visitato lo stabilimento della Pernigotti di Novi Ligure, promettendo che l’azienda sarebbe rimasta in Italia e che nessuno sarebbe stato licenziato. Ieri lo stabilimento ha dichiarato la fine della produzione e tutti i lavoratori sono stati licenziati (100 in cassa integrazione, gli interinali avranno solo la disoccupazione).

Ma dove si trovava il nostro Ministro dello Sviluppo Economico, sempre pronto a facili passerelle per la sua campagna elettorale permanente, invece di presidiare l’incontro? Vicino a Parigi, insieme al suo compare/rivale Di Battista, sempre pronto a dare il suo sostegno alle peggiori dittature comuniste e ai movimenti più eversivi in circolazione.
E ad incontrare chi? Christophe Chalençon, uno dei numerosi leader del movimento francese dei gilet jaunes, che si contraddistingue per le sue posizioni più estremiste, violente e xenofobe. Per intenderci, un signore che chiede pubblicamente di rovesciare il governo francese per mano dei militari e sogna la guerra civile.
Questo incontro nasce dalla ricerca affannosa di alleati per le elezioni europee e segue la proposta di alleanza tra il Movimento 5 Stelle con il partito polacco Kukiz 15, il cui leader, un cantante, è accusato di essere xenofobo, omofobo e antiabortista. Chalençon ha presentato una lista per le elezioni europee chiamata Ric (Ralliement d’initiative citoyenne) ed ha un disperato bisogno di riconoscimenti a livello internazionale, puntualmente incassati grazie ai nostri due eroi.
Per ora nessuna alleanza ma solo delle intese, “non andiamo troppo in fretta”, ha dichiarato Chalençon. Rincara la dose un altro leader del movimento dei gilet gialli, tra l’altro ben più rappresentativo, che si dichiara “contrario a ogni iniziativa politica fatta a nome” del movimento. Anche l’offerta dei 5 Stelle di utilizzare la piattaforma Rousseau per il movimento dei gilet gialli non raccoglie grande entusiasmo, poiché si tratta di una piattaforma “chiusa”, senza nessuna trasparenza e i dati sarebbero facilmente modificabili dai proprietari (una società privata, la Casaleggio e associati): perché affidarsi ad un sistema così opaco quando esistono sul web delle piattaforme di democrazia diretta trasparenti e non manipolabili come liquidfeedback? Ce lo siamo chiesto spesso anche noi e la risposta che ci è venuta in mente non ci è piaciuta affatto.
Tirando le somme, mentre la fabbrica italiana alla quale il Ministro aveva dato le più ampie garanzie (solo un mese prima) chiudeva i battenti, i nostri Di Maio e Di Battista erano in Francia a regalare riconoscibilità internazionale alla parte più estremista del movimento dei gilet gialli, per sentirsi dire che per ora con loro non si parla di alleanze, e sicuramente non se ne parlerà mai con l’ala moderata del movimento francese.
Un altro capolavoro del nostro Ministro che ci rende ogni giorno fieri del suo operato.

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