Giustizia: la Riforma ha indicato la rotta
Il Responsabile Dipartimento Giustizia di Forza Italia Toscana Eros Baldini: “La riforma Cartabia ha segnato il passo costretta dal limite dell’inevitabile condizionamento ricevuto dalla situazione ambientale, politica e giudiziaria. Ma ha anche l’enorme merito di aver gettati i semi ed indicato la rotta“
Nell’affrontare il tema della recente riforma della giustizia penale, non si può prescindere, dal contestualizzare in un ambito più ampio la direzione assunta dal ministero di Via Arenula e dal Governo.
Fotografare lo stato della giustizia restituisce un’immagine a dir poco desolante per inefficienza e lentezza.
Un maggiore finanziamento della Giustizia non solo risponderebbe ad esigenze primarie, fortemente avvertite dai cittadini come attuazione di diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione, ma rappresenterebbe un investimento anche economicamente apprezzabile; il miglioramento del sistema giustizia potrebbe portare a un beneficio economico, in termini di minori costi, compreso tra l’1,3% e il 2,5% del Pil (equivalenti a 22-40 miliardi di euro); mentre l’allineamento delle performance giudiziarie alla media di Germania, Francia e Spagna porterebbe a un aumento dell’attrattività degli investimenti che potrebbe determinare un loro incremento fino a 170 miliardi di euro.
In questo quadro si inserisce la riforma Cartabia nella volontà di intercettare i fondi europei: la ministra ha spiegato che un’eccessiva durata del processo, «determina due disfunzioni che costituiscono violazioni di principi costituzionali ed europei: l’eccessivo numero di processi che si concludono con la prescrizione, e la violazione del fondamentale diritto alla ragionevole durata del processo per gli imputati, garantito dalla Costituzione e che ha le sue radici nell’esigenza di assicurare il rispetto effettivo della presunzione di innocenza». Ha aggiunto che i giudizi lunghi fanno un duplice danno: «frustrano la domanda di giustizia e ledono le garanzie della giustizia».
Il riordino del complesso giuridico è stato quindi indirizzato ad una serie di interventi tesi principalmente alla riduzione di un quarto dei tempi medi del processo entro i prossimi cinque anni. La durata media dei procedimenti in Italia è infatti superiore, e di molto, alla media europea.
Per raggiungere l’obiettivo, accademia, l’avvocatura associata e, in parte e per un certo periodo, la magistratura erano concordi nel proporre soluzioni mirate che le commissioni ministeriali avevano fatto in gran parte proprie. La legge delega approvata dal Parlamento non le ha recepite tutte e nella stessa si rinvengono indicazioni che destano perplessità e ci trovano meno concordi.
Occorre però tenere presente da dove si partiva e dal limite costituito dal fatto che il progetto originario è quello scriteriato dell’ex ministro Bonafede sul quale sono intervenuti modifiche ed emendamenti.
Il secondo limite consiste nella variegata e disomogenea maggioranza di governo, nella quale convivono impostazioni ideologiche distanti e persino opposte, il che ha ovviamente portato a soluzioni di compromesso. La necessità di mantenere fragili e delicati equilibri politici hanno seriamente messo a rischio e condizionato l’opera riformatrice che ha, tra l’altro, il merito di avere definitivamente cancellato il processo senza fine e archiviato una logica giustizialista e carcerocentrica.
“Tutte le mediazioni, tutte le responsabilità vanno bene “, ha tuonato il Sottosegretario Sisto, “ma mai a discapito dei legittimi diritti del cittadino”. Le forme di garanzia processuale sono intoccabili, il diritto all’impugnazione è fondamento della civiltà giuridica; “la riforma della prescrizione non comporterà alcuna impunità e certo non si può giustificare il fatto che cittadino debba rimanere per anni nella macchina infernale del processo perché la giustizia è inefficiente” ha ribadito Sisto a Radio24. Quindi l’appello non si tocca ed è impossibile il ritorno al “fine pena mai”.
“La Giustizia è lo specchio della civiltà di un Paese; risponde ad esigenze superiori che riguardano i sacrosanti ed inviolabili diritti dei cittadini. Non può e non deve diventare terreno di scontro della politica.” ha tenuto a ribadire il sottosegretario alla giustizia.
Ovviamente si dovrà essere molto attenti nella fase attuativa della riforma, per evitare norme incompatibili con i diritti della difesa e limitazioni alle impugnazioni, tanto più che la magistratura si è schierata apertamente su posizioni di contrasto.
Alcune considerazioni vanno fatte proprio sulla situazione della magistratura che definire critica risulta eufemistico.
Dall’affaire Palamara alla vicenda di Verbania, da ad ENI-Nigeria fino a Davigo ed ai suoi verbali, un susseguirsi di vicende che ne hanno caratterizzato in negativo l’immagine. Gestione delle nomine, progresso delle carriere, esercizio del potere, indebite influenze, rapporti interni, scomode ingerenze, perfino violazioni del codice; tutte vicende interne ed esterne dell’autorità giurisdizionale che hanno provocato e provocano continui colpi e contraccolpi in una progressione apparentemente senza fine.
Altro aspetto su cui concentrare l’attenzione è quello dei magistrati fuori ruolo: attraverso l’occupazione del ministero e delle commissioni parlamentari dedicate, mediante l’infiltrazione nei gangli della politica giudiziaria, la magistratura ha raggiunto e consolidato la capacità di indirizzare l’azione legislativa e di governo e quindi della politica. A questo punto appare davvero ineluttabile la riforma ordinamentale che deve portare alla separazione delle carriere e dunque alla approvazione della legge di iniziativa popolare promossa dall’Unione delle Camere Penali sulla quale dovrà concentrarsi l’impegno delle forze politiche.
La riforma Cartabia ha segnato il passo costretta dal limite dell’inevitabile condizionamento ricevuto dalla situazione ambientale, politica e giudiziaria. Ma ha anche l’enorme merito di aver gettati i semi ed indicato la rotta. Non c’è tempo da perdere. Non si deve, non si può abbandonarsi all’amara eredità di Sciascia, al pessimistico senso di delusione verso la giustizia umana. E’ nostro dovere andare avanti e lo faremo con la consueta forza e lucidità.
Avv. Eros Baldini, Responsabile Dipartimento Giustizia Forza Italia Toscana

Giustizia: Per il CSM il Sistema esiste, ma non è un sistema
Il Responsabile Dipartimento Giustizia di Forza Italia Toscana Eros Baldini: “Per il CSM il Sistema esiste, ma non è un sistema”
Stante la palmare insostenibilità della tesi inizialmente propugnata dalla Corte di Cassazione, secondo la quale Palamara avrebbe agito da solo e per vendetta, («Palamara ha agito sulla base di motivazioni assolutamente personali, intendendo colpire specificamente singoli magistrati, volta per volta presi di mira». Una sorta di vendetta personale, dunque, che escluderebbe l’esistenza di un metodo e di altri partecipanti).
Interviene il CSM che certifica l’esistenza del “Sistema”, ma ne travisa gli obbiettivi e ne disconosce la portata eversiva. Contestare il «comportamento gravemente scorretto» tenuto, «in violazione dei doveri di correttezza ed equilibrio», nei confronti degli altri consiglieri del Csm e dei magistrati candidati per le nomine , nonché la violazione del «dovere di riservatezza» sull’iter della pratica relativa a tali nomine.
Ma così sottace la volontà ed il potere di condizionamento della politica del sodalizio e trascura il metodo di scelta delle nomine, non basato su criteri di meritocrazia, ma esclusivamente per una logica di spartizione correntizia, che persino l’autorevole voce di Nordio critica aspramente. Quello del CSM appare l’iperbole di un assordante silenzio teso a mantenere l’enorme potere assunto dalla magistratura.
Arroccata su ingiustificabili posizioni di formale difesa dell’indipendenza, tenta disperatamente di mantenere l’ormai insopportabile autoreferenzialità, attaccata su tutti i fronti, anche alla luce delle vicende che hanno travolto e stanno travolgendo quell’aura di indefettibile infallibilità guadagnata negli anni attraverso l’erosione prima, e la demolizione poi della fiducia nella politica.
Attraverso l’occupazione del ministero e delle commissioni parlamentari dedicate, mediante l’infiltrazione nei gangli della politica giudiziaria, ha raggiunto e consolidato la capacità di indirizzare l’azione legislativa e di governo e quindi della politica nel senso più lato.
Autonominatasi garante della libertà e della democrazia ha approfittato di un periodo di colpevole debolezza, se non addirittura di ingiustificabile vacanza, della politica scelta dai cittadini, per sostituirsi agli altri poteri dello Stato. Instaurando una temperie di emergenza permanente con la quale si garantiva la preventiva assoluzione morale ed istituzionale da ogni indebita ingerenza.
Sabino Cassese definisce le procure “il quarto potere” e pone legittime domande: perché sono magistrati i funzionari del ministero della giustizia, se questo è parte dell’ordine esecutivo? Perché tanti magistrati fuori ruolo, con compiti diversi da quelli giudicanti? Perché magistrati i funzionari del Csm?
Per l’ex giudice della Corte costituzionale oggi i pm non si limitano a costruire l’accusa, ma giudicano prima del processo. «Basti pensare alle conferenze stampa in cui si vedono procuratori circondati da forze dell’ordine, che annunciano, con titoli altisonanti, le accuse.
Contribuiscono poi i mezzi di formazione dell’opinione pubblica che danno risalto alle accuse divenute giudizio. Infine anche i giudici perché, con i loro ritardi, consolidano l’accusa. Chiude il cerchio l’ex Procuratore di Milano Bruti Liberati sottolineando i danni che queste storture comportano alla complessiva credibilità della giustizia.
Risulta quindi corretto quanto sostiene l’ex Presidente della Camera ed ex Magistrato Luciano Violante “I magistrati devono limitarsi ad applicare la legge, senza perseguire altri obiettivi”.
Appare vieppù necessario ed improcrastinabile un intervento che riporti nell’argine della legittimità istituzionale l’azione della magistratura, attraverso la separazione delle carriere, attraverso una riforma del potere di autogoverno, attraverso una più rigida attribuzione dei termini delle varie fasi, attraverso un ripensamento attualizzante e pragmatico del principio dell’obbligatorietà dell’azione penale. Soprattutto attraverso una riforma organica e ragionata della materia penale.
La riforma Cartabia ha segnato la rotta. Non c’è tempo da perdere.
Avv. Eros Baldini, Responsabile Dipartimento Giustizia Forza Italia Toscana





Giustizia: La battaglia non è finita, anzi.
Il Responsabile Dipartimento Giustizia di Forza Italia Toscana Eros Baldini: “La battaglia non è finita. Anzi, non è ancora cominciata”
Non si commetta l’errore di pensare che “essendo stato Palamara radiato dalla magistratura, il rischio di scelte condizionate dalle correnti sia stato archiviato”. Il “Sistema”, se non scardinato, sopravvive e sopravvivrà a questo ed altri Palamara. Le garanzie di libertà democratica non sono ancora fuori pericolo.
Novanta magistrati hanno presentato domanda per i dieci posti di sostituto procuratore generale presso la Suprema Corte di Cassazione messi ultimamente a concorso dal Consiglio superiore della magistratura. Come evitare che il gioco sotterraneo degli equilibri correntizi interni prevalga sul merito e stravolga il buon corso della Giustizia?
E’ necessario che la politica abbia il coraggio di ribellarsi dalla sudditanza della magistratura. Varata la (mini)riforma Cartabia, necessaria per soddisfare le richieste europee a cui era condizionata l’erogazione dei fondi Recovery, appare sempre più evidente la necessità di un cambio di passo e di una seria e ragionata riforma della giustizia, soprattutto penale.
La connivenza tra una parte della magistratura e una parte delle istituzioni ha prodotto il pesante condizionamento di almeno vent’anni della vita del Paese. Le conseguenze dell’instaurazione di un potere parallelo ed occulto che decide la direzione delle sorti della Nazione, ha mutato radicalmente le regole costituzionali di democraticità cancellando e persino ribaltando il risultato delle libere elezioni.
Un sistema eversivo che non può, non deve essere supinamente accettato da una politica, fino ad oggi costantemente “sotto schiaffo” di una area fortemente ideologizzata della magistratura, che si è autonominata garante e sentinella della democrazia italiana.
In tal veste si è trasformata nel braccio armato di una sinistra veterocomunista che non ha mai deposto le armi contro il pericolo di una sempre paventata, ma concretamente irrealizzabile, reviviscenza antiliberale fascista. E, facendosi forte di quella autoinvestitura si è insediata nei gangli fondamentali delle istituzioni.
Agli occhi di tutti è evidente la colonizzazione dell’esecutivo: troviamo magistrati fuori ruolo nei ministeri, nelle segreterie, in tutti quelle posizioni collaterali, ma fondamentali nella gestione della giustizia; anche nel parlamento siedono sugli scranni dell’emiciclo e partecipano attivamente alle commissioni. In modo tale da sovvertire l’equilibrio, saggiamente instaurato con la tripartizione dei Poteri dello Stato, prevista in Costituzione.
Se vogliamo che l’Italia sia veramente un luogo di libertà e democrazia, vanno attuate le contromisure. Dobbiamo attivare gli anticorpi e, di certo evitando di scatenare una reazione traumatica, gestire il ripristino delle garanzie.
I magistrati debbono tornare ad esercitare il loro fondamentale ed irrinunciabile ruolo di amministrazione della giustizia ed evitare indebite commistioni con la politica; le loro idee politiche devono restare circoscritte nell’ambito personale. Se non ne sono capaci, non sono idonei ad indagare o giudicare imparzialmente.
Se, invece, intendono esercitare i loro diritti costituzionalmente garantiti e scendere in campo, non debbono poi, conclusa la loro esperienza, poter tornare al loro ruolo come nulla fosse accaduto.
Le soluzioni ci sono e possono variamente essere graduate. Richiedono un’opera di equilibrio alla quale non può mancare l’indispensabile apporto della stessa magistratura. Quella magistratura che dovrà dimostrare di essere “diversamente interessata” alla gestione del Paese.
Non può essere rinviata la separazione delle carriere con la conseguente istituzione di due separati CSM. Non si può rinunciare alla responsabilità professionale del magistrato in termini di progressione della carriera.
Nel senso che i ruoli apicali della magistratura debbono essere frutto di meritocrazia e non di spartizione correntitizia. Solo quella meritocrazia – e non l’appartenenza a questa piuttosto che a quella corrente – deve quindi incidere sulla progressione della carriera.
La Magistratura ha l’obbligo di abbandonare le velleità di condizionamento della vita politico-istituzionale dell’Italia e tornare a ricoprire il legittimo ruolo di Potere dello stato nel suo delimitato ambito di amministrazione della Giustizia.
Che ne ha tanto bisogno.
Avv. Eros Baldini, Responsabile Dipartimento Giustizia Forza Italia Toscana





Giustizia: La minaccia degli emendamenti
Il Responsabile Dipartimento Giustizia di Forza Italia Toscana Eros Baldini: “Conte assicura a Draghi “il contributo e l’atteggiamento positivo”, ma poi sottopone a “ricatto” il Governo sotto la minaccia di sommergerlo di emendamenti”
1.631 i sub-emendamenti depositati dai partiti alla riforma Cartabia, di cui ben 917 (più della metà) sono firmati dal Movimento 5 Stelle. Altri 403 vengono da “L’alternativa c’è” (componente del Misto formata da ex pentastellati). Per un totale di 1320 dall’area grillina (se si può ancora utilizzare questa definizione).
Conte assicura a Draghi “il contributo e l’atteggiamento positivo”, ma poi sottopone a “ricatto” il Governo sotto la minaccia di sommergerlo di emendamenti.
A sostegno della posizione intervengono i PM manettari (leggi Gratteri & C.) le cui strali campeggiano sulla prima pagina de Il Fatto Quotidiano, che ormai è diventato il loro organo d’informazione. Quelli, indicati dal M5S per l’audizione alla Camera, non possono non sostenere le posizioni di questo, che poi sono identiche alle loro.
E’ evidente che il Movimento assuma sempre più i connotati di intima connessione con il “partito dei PM” nel tentativo di sostituire in quel ruolo la contiguità del PD. Ed infatti, di rincorsa, la responsabile giustizia Senatrice Rossomando, intervistata a Radio24, tenta un funambolico equilibrismo nel vano tentativo di garantire la responsabilità verso il Governo, non contraddire apertamente gli alleati (più o meno reali o potenziali) e non contestare la posizione dei magistrati.
“Tutte le mediazioni, tutte le responsabilità vanno bene”, come dice il Sottosegretario Sisto, ma mai a discapito dei legittimi diritti del cittadino. Le forme di garanzia processuale sono intoccabili, il diritto all’impugnazione è fondamento della civiltà giuridica; “la riforma della prescrizione non comporterà alcuna impunità e certo non si può giustificare il fatto che cittadino debba rimanere per anni nella macchina infernale del processo perché la giustizia è inefficiente” ha ribadito Sisto a Radio24. Quindi l’appello non si tocca ed è impossibile il ritorno al “fine pena mai”.
La Giustizia è lo specchio della civiltà di un Paese; risponde ad esigenze superiori che riguardano i sacrosanti ed inviolabili diritti dei cittadini. Non può e non deve diventare terreno di scontro della politica.
Avv. Eros Baldini, Responsabile Dipartimento Giustizia Forza Italia Toscana





Giustizia, Baldini: CSM, non è un caso
Il Responsabile Dipartimento Giustizia di Forza Italia Toscana Eros Baldini: “CSM, non è un caso”
Dal “caso” Palamara al “caso” CSM, immancabilmente transitando per l’onnipresente Davigo, si assiste al susseguirsi di una serie di terremoti che stanno minando la stabilità ed abbattendo la credibilità del sistema giudiziario. Continuare ad etichettare ogni vicenda come “caso” appare però una pericolosa sottovalutazione dell’attuale e concreto grave pericolo, così come puntare le luci dei riflettori su singoli soggetti può sviare il reale focus della situazione.
Sembra del tutto evidente che una considerevole parte dell’apparato giudiziario, in particolare l’organico apicale della magistratura associata, risponda a regole che esulano dai dettami costituzionali e costituiscano una seria minaccia alla stabilità dell’assetto statuale. L’impressione è che attraverso l’istituzione di un vero e proprio sistema, si sia deviato dagli obbiettivi istituzionali per creare una organizzazione che risponde a logiche estranee e distoniche rispetto all’impianto ordinamentale.
Se la magistratura antepone interessi di potere, di carriera, se non addirittura economici, rispetto al buon governo della giustizia, occorre un intervento. Forte ed immediato.
Le soluzioni ci sono. In linea generale mediante una riforma del codice processuale penale che porti ad un reale equilibrio fra le parti processuali e garantisca la terzietà del giudice, sgombrando il campo dall’attuale sistema spurio fra l’inquisitorio e l’accusatorio; una forma di processo mai realmente e pienamente digerita da una parte della magistratura che ha sempre mostrato una epidermica intolleranza verso l’accettazione della parità tra difesa ed accusa.
Così giungendo finalmente alla realizzazione della riforma di civiltà giuridica voluta nel 1988 e mai compiutamente attuata.
Più in particolare: attraverso la conclusione dell’iter necessario per l’approvazione della legge di iniziativa popolare per la separazione delle carriere, che ha visto raccolte oltre 72mila firme, con conseguente riforma del CSM; una revisione in senso temperatorio dell’obbligatorietà dell’azione penale, congruamente disciplinata dalla legge, nei modi e nei casi, così da rendere trasparenti i criteri di scelta e di priorità; l’istituzione di un sistema penale “minimo” attraverso l’espansione dell’operatività dei riti alternativi, la revisione dell’udienza preliminare, mediante una depenalizzazione ragionata ed incisiva.
Il tutto al fine di massimizzare l’efficienza delle sedi giudiziarie e raggiungere l’obbiettivo della ragionevole durata del processo.
Le soluzioni ci sono, e sono possibili, perché, oltre alla praticabilità delle proposte, si può contare sul consenso e sull’apporto della gran parte della magistratura, guidata da un profondo senso di responsabilità portato dall’alto compito attribuitogli dalla carta costituzionale. Così come sulla conformità di posizioni dell’accademia e dell’avvocatura, pronte e capaci di offrire il proprio fattivo contributo.
Il problema è di palmare evidenza; le soluzioni sono attuabili; la base per le fondamenta è solida.
Occorre che la ministra Cartabia impugni saldamente, come nelle sue capacità e possibilità, la situazione, intervenendo sulle distorsioni evidenziate per disinnescare l’emergenza.
Inoltre si impone che il Parlamento istituisca una commissione d’inchiesta al fine di sviscerare la problematica; se è vero che non è prevista l’indagine su un potere dello Stato è altrettanto incontestabile che si tratti di una situazione eccezionale, che riguarda non il potere giurisdizionale in sé, ma la prassi distorta che gli è stata data dai suoi stessi componenti; peraltro appare altamente improbabile che si possa praticare la via dell’autoriforma, soprattutto visti gli esiti fin qui raggiunti.
Improcrastinabile ed urgente risulta poi riprendere ed accelerare il percorso legislativo per giungere ad una seria e ragionata riforma organica che eviti il pericolo di una deriva eversiva incline ad una amministrazione della Giustizia orientata alla soddisfazione di interessi particolari di quella che ha tutta l’aria di apparire come la vera e propria casta.
Avv. Eros Baldini, Responsabile Dipartimento Giustizia Forza Italia Toscana