Giustizia, Baldini: un altro magistrato come Ministro?
Il Responsabile Dipartimento Giustizia di Forza Italia Toscana Eros Baldini: “Davvero abbiamo bisogno di un altro magistrato come Ministro della Giustizia?”
Premetto subito che non ho nulla contro il dottor Nordio. Egli esprime senza dubbio un’alta figura, sia tecnica che politica; rappresenta quella parte buona della magistratura, che ritengo sia la stragrande maggioranza. Quella che interpreta con serietà e compostezza l’alto ruolo istituzionale che riveste, che esercita il proprio potere di giudizio con l’alto senso di responsabilità che ne deriva. Quella che però, purtroppo, troppo spesso rimane silenziosa in disparte fino ad aver oltrepassato la soglia della pensione.
Molto più evidente nella propria esibizione, anche mediatica, è quella parte vivamente impegnata nella politica, sia quella giudiziaria, che quella intesa in senso lato. Questa si espone volentieri all’opinione pubblica, spesso presentandosi come elemento salvifico di ogni problema e come unico garante della sicurezza pubblica.
Una tendenza che, perniciosamente iniziata con la stagione di mani pulite, è poi proseguita sempre più intensamente con ampia ingerenza nella vita amministrativa del Paese. Una indebita intromissione che ha prodotto una pericolosissima interferenza nella politica nazionale fino a giungere ad una dannosa commistione fra potere giudiziario ed esecutivo.
Questo, insieme ad una serie di scivoloni, dove la magistratura ha pubblicamente mostrato il proprio lato peggiore, ha prodotto un crollo di popolarità.
Una intensa stagione caratterizzata da attriti e frizioni fra magistrati; da aspre battaglie interne agli stessi uffici; da maliziose manine che sembrano spostare, o addirittura sono accusate di aver fatto sparire atti e documenti; da pubbliche denunce, mai smentite, che svelano una indebita gestione correntizia delle carriere, estranea ad ogni logica meritocratica; da ombre che allungano veline agli organi di informazione o addirittura favoriscono la spettacolarizzazione delle operazioni di polizia giudiziaria, ha sollevato sdegno ed un diffuso senso di disapprovazione.
Tanto che perfino il misuratissimo Presidente Mattarella ha avvertito la necessità di rivolgere un richiamo alla categoria.
Ora, è certo che l’obbiettivo della magistratura non è la vittoria in una gara di gradimento. Ma è altrettanto inoppugnabile che l’aura di quasi onnipotenza che aveva raggiunto, ne esce gravemente compromessa.
In siffatto clima, ci si appresta, a seguito della chiara scelta degli italiani di affidarsi al governo della compagine di centrodestra, alla difficile scelta del guardasigilli.
Al di là dei sottili equilibri che necessariamente sottendono alla composizione della squadra di governo possiamo osservare che ci sono tanti profili potenzialmente all’altezza, soprattutto avvocati: da Delmastro delle Vedove per FdI, a Bongiorno per la Lega, fino l’uscente sottosegretario per la Giustizia Sisto e Bernini per FI.
E’ proprio necessario mandare un altro magistrato a via Arenula?
Avv. Eros Baldini, Responsabile Dipartimento Giustizia Forza Italia Toscana
Giustizia, Baldini: linee guida per il prossimo Ministero
Il Responsabile Dipartimento Giustizia di Forza Italia Toscana Eros Baldini dettaglia le linee guida per il prossimo Ministero
Nella rinnovata compagine parlamentare del centrodestra ci sono incontestabilmente profili di indubbio livello per quanto concerne il settore giustizia. Delmastro delle Vedove e Nordio per FdI, Bongiorno e Ostellari per la Lega, l’uscente sottosegretario Sisto e Bernini per FI. Le voci sui papabili al ruolo di guardasigilli si rincorrono in questi momenti post elettorali, coinvolgendo politici e non.
Perché, oggi come mai prima, il Ministero della Giustizia, oltre che essere giustamente ambito, risulta il perno di un più ampio progetto di rinnovamento di cui la nuova squadra di governo vorrà rendersi protagonista in ottemperanza ad un programma di certo ambizioso, ma sicuramente realizzabile.
I numeri ci sono e appaiono rassicuranti. Rassicuranti nel senso che appare giunto finalmente il momento per una riforma organica e strutturale. Cosa che si è rivelato materialmente impossibile da raggiungere con la riforma Cartabia che, concepita con le migliori intenzioni, ha scontato pesantemente la eterogenea maggioranza nella quale convivevano convinzioni opposte e difficilmente conciliabili.
Adesso, finalmente abbandonata la concezione giustizialista e carcerocentrica dei governi a trazione pentastellata, la direzione è quella tracciata dalle linee programmatiche della coalizione di centrodestra.
I punti cardine risultano essere:
1 portare a termine l’iter per la separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante per recuperare la piena terzietà del giudice al fine del riequilibrio del processo accusatorio, stravolto e snaturato tanto da essere trasformato in un ibrido senza senso;
2 intervenire radicalmente sulla irragionevole durata del processo penale, realizzando un potenziamento delle piante organiche del personale amministrativo e dei magistrati, anche eliminando il fenomeno dei magistrati fuori ruolo distaccati presso l’esecutivo, ed in particolare presso il ministero della Giustizia, specialmente in nome del ripristino della separazione dei poteri; realizzando un potenziamento del ruolo filtro dell’udienza preliminare con previsione di incentivazione all’utilizzo dei riti alternativi al processo ordinario; recupero dell’istituto della prescrizione nell’ottica della doverosa rinuncia alla potestà punitiva dello Stato a seguito del decorso del tempo esorbitante i limiti del giusto processo;
3 reintroduzione del divieto d’appello contro le sentenze di assoluzione: la normativa nazionale ed internazionale garantisce il diritto del condannato, non certo del Pubblico Ministero, ad un secondo giudizio di merito;
4 rilancio della riforma dell’ordinamento penitenziario nella profonda e radicata consapevolezza dell’impossibilità di risoluzione dei problemi sociali attraverso la neutralizzazione dell’individuo mediante restrizione carceraria e, soprattutto, nella incrollabile convinzione della necessaria finalità rieducatrice della pena, costituzionalmente prevista, attraverso la valorizzazione delle forme alternative alla detenzione ed il potenziamento di percorsi di reinserimento.
FI si è da sempre fatta portatrice di una siffatta visione della Giustizia ed intende perseguire tali obbiettivi, di concerto con gli alleati. Anche questi si dichiarano d’accordo sulla linea costituzional-garantista, seppur con accenti più marcati per quanto alla cosiddetta “certezza della pena”; bersaglio necessario che non deve però sconfinare in eccessive rigidità.
E’ nostro compito operare al fine di disinnescare le possibili derive populiste che le spinte di una opinione pubblica emotiva possono generare. Le esigenze securitarie non possono e non devono esorbitare i limiti imposti non solo dalla Carta Costituzionale ma anche e soprattutto da generali principi di civltà giuridica.
Il popolo azzurro, per il tramite dei propri rappresentanti, si è costantemente mosso quale elemento equilibratore in grado di garantire concretezza e affidabilità coniugate con misura e visione di ampia prospettiva. Continuerà a interpretare responsabilmente il proprio ruolo cercando di condurre in porto anche questo progetto al fine di tutelare gli interessi della nazione e dei cittadini tutti. Con la piena consapevolezza del ruolo essenziale della Giustizia, inteso come tutela dei diritti, quale specchio della civilizzazione di un paese, quale elemento di spinta dell’economia generale, quale difesa della eguaglianza dei cittadini.
Avv. Eros Baldini, Responsabile Dipartimento Giustizia Forza Italia Toscana
Elezioni, Baldini: l’importanza della Giustizia
Elezioni, il Responsabile Dipartimento Giustizia di Forza Italia Toscana Eros Baldini: “l’importanza della Giustizia“
L’approssimarsi della tornata elettorale, destinata a dare un nuovo corso all’amministrazione della Nazione, rende impellente affrontare le questioni ancora, purtroppo, irrisolte riguardanti la giustizia. Addirittura nemmeno toccate dal centro sinistra, impegnato a tenere unita una improbabile coalizione troppo eterogenea, e quindi concentrata sul paventare l’ormai trito e vieto argomento del pericolo fascista. Ancor peggio, le posizioni, condizionate dal populismo panpenalista e carcerocentrico, del M5S.
Per chi non ne fosse ancora consapevole, la Giustizia, oltre che specchio della civiltà di un Paese, è un potente volano dell’economia. Quando la giustizia viene correttamente amministrata, con tempi giusti e rispetto dei principi costituzionali, offre una affidabilità che è garanzia necessaria per l’ordinario svolgimento di ogni attività. Inoltre favorisce l’attrattività di investimenti esteri e una più favorevole valutazione delle agenzie di rating.
Questo è.
Ma alcuni sembra non lo vogliano vedere!
Avv. Eros Baldini, Responsabile Dipartimento Giustizia Forza Italia Toscana
Referendum, Baldini: senza dubbio 5 Sì
Referendum, il Responsabile Dipartimento Giustizia di Forza Italia Toscana Eros Baldini: “senza dubbio 5 Sì“
Il 12 giugno, dalle ore 7 e alle ore 23, oltre 51 milioni di italiani con più di 18 anni di età dovranno esprimere la propria opinione su cinque quesiti , assai tecnici, che chiedono l’abrogazione, cioè l’annullamento, di alcune norme sul funzionamento dell’ordinamento giudiziario. Come previsto dalla Costituzione, per essere ritenuto valido il voto per ogni singolo quesito dovrà raggiungere il quorum, ossia dovrà partecipare alla votazione almeno la metà più uno degli aventi diritto.
Primo quesito: incandidabilità per i politici condannati
In Italia, chi è condannato in via definitiva per alcuni gravi reati penali non può candidarsi alle elezioni, né assumere cariche pubbliche e, se è già stato eletto, decade. Coloro che sono eletti in un ente locale, come i sindaci, sono invece automaticamente sospesi dopo la sentenza di primo grado (quindi non in via definitiva, dato che nel nostro ordinamento sono garantiti tre gradi di giudizio).
Vogliamo che sia l’incandidabilità per i condannati in via definitiva, sia la sospensione per gli eletti in enti locali, non siano più automatiche ma decise da un giudice caso per caso.
La legge vigente penalizza gli amministratori locali che vengono sospesi senza condanna definitiva, esponendoli alla pubblica condanna anche nel caso in cui si rivelino poi innocenti.
Secondo quesito: limitazione delle misure cautelari
Le misure cautelari sono provvedimenti – decisi da un giudice – che limitano la libertà di una persona sotto indagine (quindi non ancora condannata). Alcuni esempi sono la custodia cautelare in carcere, gli arresti domiciliari o il divieto di espatrio. Oggi, può essere applicata solo in tre casi: se c’è il pericolo che fugga, che alteri le prove oppure che continui a ripetere il reato.
Se vince il “sì”, viene eliminata la ripetizione del reato dalle motivazioni per disporre misure cautelari. Rimangono il pericolo di fuga e di alterazione delle prove.
E’ evidente come oggi vi sia un abuso delle custodie cautelari e si mettano spesso in carcere persone non condannate, in violazione del principio della presunzione di innocenza. Il pericolo di ripetizione del reato è infatti la motivazione più frequente per disporre una custodia cautelare. Negli ultimi trent’anni, circa 30 mila persone sono state incarcerate e poi giudicate innocenti e ancora oggi un terzo dei detenuti è in carcere perché sottoposto a custodia cautelare.
Terzo quesito: separazione delle carriere nella giustizia
In realtà il quesito è mal posto, perché dovrebbe correttamente parlarsi di separazione delle funzioni, poiché nel corso della loro vita, i magistrati italiani possono passare più volte dal ruolo di pubblici ministeri (cioè coloro che si occupano delle indagini insieme alle forze dell’ordine e svolgono la parte dell’accusa) al ruolo di giudici (cioè coloro che emettono le sentenze sulla base delle prove raccolte e del contraddittorio tra l’accusa e la difesa).
Il disegno è di prevedere che i magistrati debbanono scegliere, all’inizio della loro carriera, se svolgere il ruolo di giudici oppure di pubblici ministeri, per poi mantenere quel ruolo per tutta la vita.
La separazione delle carriere certamente garantirebbe una maggiore imparzialità dei giudici, ma già così sarebbero slegati per attitudini e approccio dalla funzione punitiva della giustizia che appartiene ai pubblici ministeri. In altre parole, il fatto che una persona che per qualche anno si abitui ad “accusare” e poi venga messa nella posizione di “giudicare”, non sarebbe una condizione ideale per il sistema democratico.
Quarto quesito: elezione del Consiglio superiore della magistratura
Il Consiglio superiore della magistratura è l’organo di autogoverno della magistratura, con lo scopo di mantenerla indipendente rispetto agli altri poteri dello Stato. È composto da 24 membri, eletti per un terzo dal Parlamento e per due terzi dai magistrati. Oggi, per candidarsi, è necessario presentare almeno 25 firme di altri magistrati a proprio sostegno. Queste firme, oggi, sono spesso fornite col supporto delle varie correnti politiche interne alla magistratura.
In caso di vittoria del “sì” non sarà più necessario trovare queste firme, ma basterà presentare la propria candidatura.
In questo modo i magistrati potrebbero sganciarsi dall’obbligo di trovare accordi politici e dal sistema delle correnti, così da premiare il merito piuttosto che l’adesione politica. Si limiterebbe anche la lottizzazione delle nomine, cioè la spartizione delle cariche tra i diversi orientamenti politici.
Quinto quesito: valutazione dei magistrati
In Italia, i magistrati vengono valutati ogni quattro anni sulla base di pareri motivati, ma non vincolanti, dagli organi che compongono il Consiglio superiore della magistratura e il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione. In questi organi, insieme ai magistrati, ci sono anche avvocati e professori universitari di diritto, ma soltanto i magistrati possono votare nelle valutazioni professionali degli altri magistrati.
Accade sistematicamente che nessun giudice critichi un collega e le valutazioni siano positive. L’avanzamento di carriera in pratica avviene non per meriti, ma solo per anzianità.
Questa riforma renderebbe la magistratura meno autoreferenziale e la valutazione dei magistrati più oggettiva perché anche avvocati e professori universitari avrebbero il diritto di valutare l’operato dei magistrati.
Purtroppo I sondaggi politici rivelano che pochi italiani sanno che ci sarà un referendum sulla giustizia il 12 giugno o meglio: secondo Ipsos il 56% degli intervistati è a conoscenza del fatto che ci sia un referendum, però i più ne ignorano il tema. Questo è l’evidente frutto di una mirata e preordinata campagna di disinformazione tesa a provocare il naufragio dei referendum.
Che in ogni caso avrà almeno il merito di aver attirato l’attenzione su un tema di scottante attualità che vede, a causa dello strapotere della magistratura, non solo il superamento dei limiti costituzionalmente imposti, ma un serio pericolo per il buon andamento della democrazia.
Quindi, tutti a votare SI, con l’auspicio del raggiungimento del risultato ma con la consapevolezza di inviare un forte segnale di necessità di cambiamento.
Cari Signori, non si scherza, si parla di uno dei cardini del sistema democratico: La Giustizia!
Avv. Eros Baldini, Responsabile Dipartimento Giustizia Forza Italia Toscana
Giustizia, Baldini: Attenti al Giudice dei Giudici
Il Responsabile Dipartimento Giustizia di Forza Italia Toscana Eros Baldini: “Attenti al Giudice dei Giudici“
Fa specie, anzi è veramente sorprendente, che un quotidiano assolutamente indipendente e libero da qualsiasi condizionamento politico giudiziario esibisca in prima pagina un proditorio attacco alla ministra guardasigilli ed al sottosegretario alla Giustizia.
Il suddetto quotidiano, come sempre pacato e non incline al giustizialismo populista, tende sommessamente a sottolineare una presa di posizione che ritiene pericolosamente e dannosamente punitiva nei confronti della magistratura.
Ciò in quanto la sottopone ad un giudizio esterno, addirittura anche degli avvocati. In particolare al vaglio di professionalità da parte di un avvocato che ha l’innegabile torto di aver prestato la propria attività professionale in favore di un assistito fatto oggetto di attacchi plurimi e ripetuti da parte di un manipolo di magistrati.
Poco importa se questi, ispirati dal sacro fuoco, abbiano fatto strame delle garanzie e dei diritti, ed ogni giorno rivelino qualche pezzo di un puzzle antigiuridico ed anticostituzionale che va progressivamente componendosi.
Ma, d’altra parte, essi sono intoccabili in quanto al di sopra della legge, poiché in missione di salvataggio della nazione attraverso una mirata azione politica di sistematica distruzione e delegittimazione di un inviso e pericolosissimo capo di Governo. In più, poco sembra importare che il detto avvocato sia attualmente incidentalmente sottosegretario alla Giustizia.
Quindi ci sentiamo, anche stavolta, di non poter che esprimente tutto il nostro sostegno alla tesi che, indirettamente vuole colpire un noto statista in odore di Quirinale, ma che direttamente grida allo scandalo di permettere ad un branco di personaggi opachi ed incompetenti, spesso naturalmente complici dei propri assistititi, di permettersi di interferire ed addirittura aver l’ardire di voler esprimere giudizi su di in un potere che, con lo spirito del buon pastore, è l’unico che ha il buon merito di avere a cuore le sorti del Paese.
E, nella palese e palmare evidenza dell’inettitudine di ogni altro, coltiva ed applica la inconsueta, ma di certo legittima e meritoria, tendenza a sostituirsi allo Stato democratico.
Avv. Eros Baldini, Responsabile Dipartimento Giustizia Forza Italia Toscana
Baldini: Il reddito di cittadinanza e le truffe allo Stato
Il Responsabile Dipartimento Giustizia di Forza Italia Toscana Eros Baldini: “Il reddito di cittadinanza e le truffe allo Stato“
Se ci sono dei delinquenti che fraudolentemente hanno frodato lo Stato, e quindi tutti i cittadini, devono essere utilizzati gli strumenti che la legge mette a disposizione. Indagini sui fatti, accertamento delle responsabilità, e se vi sono, condanna e applicazione della pena.
Ma non è la violazione di una legge a trasformare la legge in un errore. L’errore è governare la povertà ed il bisogno con il sussidio.
Nei fatti il reddito di cittadinanza si è dimostrato un fallimento totale. Per l’incapacità e l’inadeguatezza dei vari sistemi di avviamento al lavoro che hanno miseramente fallito. Per l’atavica tendenza italica al controllo successivo e mai preventivo, che scopre le truffe e non le evita. Ma soprattutto perché sostanzialmente induce alla non occupazione, stante la propensione di molti verso un blando aiuto rispetto all’impegno verso un’attività lavorativa.
Si replica il paradigma della sinistra che tende a coltivare la povertà, al limite della sussistenza, per poterne trarre il controllo del corpo elettorale attraverso l’erogazione dell’aiuto di Stato.
L’accaparramento del consenso prevale sulla logica costituzionale, per cui il lavoro non è solo un diritto, ma anche un dovere.
Avv. Eros Baldini, Responsabile Dipartimento Giustizia Forza Italia Toscana









Giustizia: la Riforma ha indicato la rotta
Il Responsabile Dipartimento Giustizia di Forza Italia Toscana Eros Baldini: “La riforma Cartabia ha segnato il passo costretta dal limite dell’inevitabile condizionamento ricevuto dalla situazione ambientale, politica e giudiziaria. Ma ha anche l’enorme merito di aver gettati i semi ed indicato la rotta“
Nell’affrontare il tema della recente riforma della giustizia penale, non si può prescindere, dal contestualizzare in un ambito più ampio la direzione assunta dal ministero di Via Arenula e dal Governo.
Fotografare lo stato della giustizia restituisce un’immagine a dir poco desolante per inefficienza e lentezza.
Un maggiore finanziamento della Giustizia non solo risponderebbe ad esigenze primarie, fortemente avvertite dai cittadini come attuazione di diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione, ma rappresenterebbe un investimento anche economicamente apprezzabile; il miglioramento del sistema giustizia potrebbe portare a un beneficio economico, in termini di minori costi, compreso tra l’1,3% e il 2,5% del Pil (equivalenti a 22-40 miliardi di euro); mentre l’allineamento delle performance giudiziarie alla media di Germania, Francia e Spagna porterebbe a un aumento dell’attrattività degli investimenti che potrebbe determinare un loro incremento fino a 170 miliardi di euro.
In questo quadro si inserisce la riforma Cartabia nella volontà di intercettare i fondi europei: la ministra ha spiegato che un’eccessiva durata del processo, «determina due disfunzioni che costituiscono violazioni di principi costituzionali ed europei: l’eccessivo numero di processi che si concludono con la prescrizione, e la violazione del fondamentale diritto alla ragionevole durata del processo per gli imputati, garantito dalla Costituzione e che ha le sue radici nell’esigenza di assicurare il rispetto effettivo della presunzione di innocenza». Ha aggiunto che i giudizi lunghi fanno un duplice danno: «frustrano la domanda di giustizia e ledono le garanzie della giustizia».
Il riordino del complesso giuridico è stato quindi indirizzato ad una serie di interventi tesi principalmente alla riduzione di un quarto dei tempi medi del processo entro i prossimi cinque anni. La durata media dei procedimenti in Italia è infatti superiore, e di molto, alla media europea.
Per raggiungere l’obiettivo, accademia, l’avvocatura associata e, in parte e per un certo periodo, la magistratura erano concordi nel proporre soluzioni mirate che le commissioni ministeriali avevano fatto in gran parte proprie. La legge delega approvata dal Parlamento non le ha recepite tutte e nella stessa si rinvengono indicazioni che destano perplessità e ci trovano meno concordi.
Occorre però tenere presente da dove si partiva e dal limite costituito dal fatto che il progetto originario è quello scriteriato dell’ex ministro Bonafede sul quale sono intervenuti modifiche ed emendamenti.
Il secondo limite consiste nella variegata e disomogenea maggioranza di governo, nella quale convivono impostazioni ideologiche distanti e persino opposte, il che ha ovviamente portato a soluzioni di compromesso. La necessità di mantenere fragili e delicati equilibri politici hanno seriamente messo a rischio e condizionato l’opera riformatrice che ha, tra l’altro, il merito di avere definitivamente cancellato il processo senza fine e archiviato una logica giustizialista e carcerocentrica.
“Tutte le mediazioni, tutte le responsabilità vanno bene “, ha tuonato il Sottosegretario Sisto, “ma mai a discapito dei legittimi diritti del cittadino”. Le forme di garanzia processuale sono intoccabili, il diritto all’impugnazione è fondamento della civiltà giuridica; “la riforma della prescrizione non comporterà alcuna impunità e certo non si può giustificare il fatto che cittadino debba rimanere per anni nella macchina infernale del processo perché la giustizia è inefficiente” ha ribadito Sisto a Radio24. Quindi l’appello non si tocca ed è impossibile il ritorno al “fine pena mai”.
“La Giustizia è lo specchio della civiltà di un Paese; risponde ad esigenze superiori che riguardano i sacrosanti ed inviolabili diritti dei cittadini. Non può e non deve diventare terreno di scontro della politica.” ha tenuto a ribadire il sottosegretario alla giustizia.
Ovviamente si dovrà essere molto attenti nella fase attuativa della riforma, per evitare norme incompatibili con i diritti della difesa e limitazioni alle impugnazioni, tanto più che la magistratura si è schierata apertamente su posizioni di contrasto.
Alcune considerazioni vanno fatte proprio sulla situazione della magistratura che definire critica risulta eufemistico.
Dall’affaire Palamara alla vicenda di Verbania, da ad ENI-Nigeria fino a Davigo ed ai suoi verbali, un susseguirsi di vicende che ne hanno caratterizzato in negativo l’immagine. Gestione delle nomine, progresso delle carriere, esercizio del potere, indebite influenze, rapporti interni, scomode ingerenze, perfino violazioni del codice; tutte vicende interne ed esterne dell’autorità giurisdizionale che hanno provocato e provocano continui colpi e contraccolpi in una progressione apparentemente senza fine.
Altro aspetto su cui concentrare l’attenzione è quello dei magistrati fuori ruolo: attraverso l’occupazione del ministero e delle commissioni parlamentari dedicate, mediante l’infiltrazione nei gangli della politica giudiziaria, la magistratura ha raggiunto e consolidato la capacità di indirizzare l’azione legislativa e di governo e quindi della politica. A questo punto appare davvero ineluttabile la riforma ordinamentale che deve portare alla separazione delle carriere e dunque alla approvazione della legge di iniziativa popolare promossa dall’Unione delle Camere Penali sulla quale dovrà concentrarsi l’impegno delle forze politiche.
La riforma Cartabia ha segnato il passo costretta dal limite dell’inevitabile condizionamento ricevuto dalla situazione ambientale, politica e giudiziaria. Ma ha anche l’enorme merito di aver gettati i semi ed indicato la rotta. Non c’è tempo da perdere. Non si deve, non si può abbandonarsi all’amara eredità di Sciascia, al pessimistico senso di delusione verso la giustizia umana. E’ nostro dovere andare avanti e lo faremo con la consueta forza e lucidità.
Avv. Eros Baldini, Responsabile Dipartimento Giustizia Forza Italia Toscana









Giustizia: Per il CSM il Sistema esiste, ma non è un sistema
Il Responsabile Dipartimento Giustizia di Forza Italia Toscana Eros Baldini: “Per il CSM il Sistema esiste, ma non è un sistema”
Stante la palmare insostenibilità della tesi inizialmente propugnata dalla Corte di Cassazione, secondo la quale Palamara avrebbe agito da solo e per vendetta, («Palamara ha agito sulla base di motivazioni assolutamente personali, intendendo colpire specificamente singoli magistrati, volta per volta presi di mira». Una sorta di vendetta personale, dunque, che escluderebbe l’esistenza di un metodo e di altri partecipanti).
Interviene il CSM che certifica l’esistenza del “Sistema”, ma ne travisa gli obbiettivi e ne disconosce la portata eversiva. Contestare il «comportamento gravemente scorretto» tenuto, «in violazione dei doveri di correttezza ed equilibrio», nei confronti degli altri consiglieri del Csm e dei magistrati candidati per le nomine , nonché la violazione del «dovere di riservatezza» sull’iter della pratica relativa a tali nomine.
Ma così sottace la volontà ed il potere di condizionamento della politica del sodalizio e trascura il metodo di scelta delle nomine, non basato su criteri di meritocrazia, ma esclusivamente per una logica di spartizione correntizia, che persino l’autorevole voce di Nordio critica aspramente. Quello del CSM appare l’iperbole di un assordante silenzio teso a mantenere l’enorme potere assunto dalla magistratura.
Arroccata su ingiustificabili posizioni di formale difesa dell’indipendenza, tenta disperatamente di mantenere l’ormai insopportabile autoreferenzialità, attaccata su tutti i fronti, anche alla luce delle vicende che hanno travolto e stanno travolgendo quell’aura di indefettibile infallibilità guadagnata negli anni attraverso l’erosione prima, e la demolizione poi della fiducia nella politica.
Attraverso l’occupazione del ministero e delle commissioni parlamentari dedicate, mediante l’infiltrazione nei gangli della politica giudiziaria, ha raggiunto e consolidato la capacità di indirizzare l’azione legislativa e di governo e quindi della politica nel senso più lato.
Autonominatasi garante della libertà e della democrazia ha approfittato di un periodo di colpevole debolezza, se non addirittura di ingiustificabile vacanza, della politica scelta dai cittadini, per sostituirsi agli altri poteri dello Stato. Instaurando una temperie di emergenza permanente con la quale si garantiva la preventiva assoluzione morale ed istituzionale da ogni indebita ingerenza.
Sabino Cassese definisce le procure “il quarto potere” e pone legittime domande: perché sono magistrati i funzionari del ministero della giustizia, se questo è parte dell’ordine esecutivo? Perché tanti magistrati fuori ruolo, con compiti diversi da quelli giudicanti? Perché magistrati i funzionari del Csm?
Per l’ex giudice della Corte costituzionale oggi i pm non si limitano a costruire l’accusa, ma giudicano prima del processo. «Basti pensare alle conferenze stampa in cui si vedono procuratori circondati da forze dell’ordine, che annunciano, con titoli altisonanti, le accuse.
Contribuiscono poi i mezzi di formazione dell’opinione pubblica che danno risalto alle accuse divenute giudizio. Infine anche i giudici perché, con i loro ritardi, consolidano l’accusa. Chiude il cerchio l’ex Procuratore di Milano Bruti Liberati sottolineando i danni che queste storture comportano alla complessiva credibilità della giustizia.
Risulta quindi corretto quanto sostiene l’ex Presidente della Camera ed ex Magistrato Luciano Violante “I magistrati devono limitarsi ad applicare la legge, senza perseguire altri obiettivi”.
Appare vieppù necessario ed improcrastinabile un intervento che riporti nell’argine della legittimità istituzionale l’azione della magistratura, attraverso la separazione delle carriere, attraverso una riforma del potere di autogoverno, attraverso una più rigida attribuzione dei termini delle varie fasi, attraverso un ripensamento attualizzante e pragmatico del principio dell’obbligatorietà dell’azione penale. Soprattutto attraverso una riforma organica e ragionata della materia penale.
La riforma Cartabia ha segnato la rotta. Non c’è tempo da perdere.
Avv. Eros Baldini, Responsabile Dipartimento Giustizia Forza Italia Toscana









Giustizia: La battaglia non è finita, anzi.
Il Responsabile Dipartimento Giustizia di Forza Italia Toscana Eros Baldini: “La battaglia non è finita. Anzi, non è ancora cominciata”
Non si commetta l’errore di pensare che “essendo stato Palamara radiato dalla magistratura, il rischio di scelte condizionate dalle correnti sia stato archiviato”. Il “Sistema”, se non scardinato, sopravvive e sopravvivrà a questo ed altri Palamara. Le garanzie di libertà democratica non sono ancora fuori pericolo.
Novanta magistrati hanno presentato domanda per i dieci posti di sostituto procuratore generale presso la Suprema Corte di Cassazione messi ultimamente a concorso dal Consiglio superiore della magistratura. Come evitare che il gioco sotterraneo degli equilibri correntizi interni prevalga sul merito e stravolga il buon corso della Giustizia?
E’ necessario che la politica abbia il coraggio di ribellarsi dalla sudditanza della magistratura. Varata la (mini)riforma Cartabia, necessaria per soddisfare le richieste europee a cui era condizionata l’erogazione dei fondi Recovery, appare sempre più evidente la necessità di un cambio di passo e di una seria e ragionata riforma della giustizia, soprattutto penale.
La connivenza tra una parte della magistratura e una parte delle istituzioni ha prodotto il pesante condizionamento di almeno vent’anni della vita del Paese. Le conseguenze dell’instaurazione di un potere parallelo ed occulto che decide la direzione delle sorti della Nazione, ha mutato radicalmente le regole costituzionali di democraticità cancellando e persino ribaltando il risultato delle libere elezioni.
Un sistema eversivo che non può, non deve essere supinamente accettato da una politica, fino ad oggi costantemente “sotto schiaffo” di una area fortemente ideologizzata della magistratura, che si è autonominata garante e sentinella della democrazia italiana.
In tal veste si è trasformata nel braccio armato di una sinistra veterocomunista che non ha mai deposto le armi contro il pericolo di una sempre paventata, ma concretamente irrealizzabile, reviviscenza antiliberale fascista. E, facendosi forte di quella autoinvestitura si è insediata nei gangli fondamentali delle istituzioni.
Agli occhi di tutti è evidente la colonizzazione dell’esecutivo: troviamo magistrati fuori ruolo nei ministeri, nelle segreterie, in tutti quelle posizioni collaterali, ma fondamentali nella gestione della giustizia; anche nel parlamento siedono sugli scranni dell’emiciclo e partecipano attivamente alle commissioni. In modo tale da sovvertire l’equilibrio, saggiamente instaurato con la tripartizione dei Poteri dello Stato, prevista in Costituzione.
Se vogliamo che l’Italia sia veramente un luogo di libertà e democrazia, vanno attuate le contromisure. Dobbiamo attivare gli anticorpi e, di certo evitando di scatenare una reazione traumatica, gestire il ripristino delle garanzie.
I magistrati debbono tornare ad esercitare il loro fondamentale ed irrinunciabile ruolo di amministrazione della giustizia ed evitare indebite commistioni con la politica; le loro idee politiche devono restare circoscritte nell’ambito personale. Se non ne sono capaci, non sono idonei ad indagare o giudicare imparzialmente.
Se, invece, intendono esercitare i loro diritti costituzionalmente garantiti e scendere in campo, non debbono poi, conclusa la loro esperienza, poter tornare al loro ruolo come nulla fosse accaduto.
Le soluzioni ci sono e possono variamente essere graduate. Richiedono un’opera di equilibrio alla quale non può mancare l’indispensabile apporto della stessa magistratura. Quella magistratura che dovrà dimostrare di essere “diversamente interessata” alla gestione del Paese.
Non può essere rinviata la separazione delle carriere con la conseguente istituzione di due separati CSM. Non si può rinunciare alla responsabilità professionale del magistrato in termini di progressione della carriera.
Nel senso che i ruoli apicali della magistratura debbono essere frutto di meritocrazia e non di spartizione correntitizia. Solo quella meritocrazia – e non l’appartenenza a questa piuttosto che a quella corrente – deve quindi incidere sulla progressione della carriera.
La Magistratura ha l’obbligo di abbandonare le velleità di condizionamento della vita politico-istituzionale dell’Italia e tornare a ricoprire il legittimo ruolo di Potere dello stato nel suo delimitato ambito di amministrazione della Giustizia.
Che ne ha tanto bisogno.
Avv. Eros Baldini, Responsabile Dipartimento Giustizia Forza Italia Toscana









Giustizia: La minaccia degli emendamenti
Il Responsabile Dipartimento Giustizia di Forza Italia Toscana Eros Baldini: “Conte assicura a Draghi “il contributo e l’atteggiamento positivo”, ma poi sottopone a “ricatto” il Governo sotto la minaccia di sommergerlo di emendamenti”
1.631 i sub-emendamenti depositati dai partiti alla riforma Cartabia, di cui ben 917 (più della metà) sono firmati dal Movimento 5 Stelle. Altri 403 vengono da “L’alternativa c’è” (componente del Misto formata da ex pentastellati). Per un totale di 1320 dall’area grillina (se si può ancora utilizzare questa definizione).
Conte assicura a Draghi “il contributo e l’atteggiamento positivo”, ma poi sottopone a “ricatto” il Governo sotto la minaccia di sommergerlo di emendamenti.
A sostegno della posizione intervengono i PM manettari (leggi Gratteri & C.) le cui strali campeggiano sulla prima pagina de Il Fatto Quotidiano, che ormai è diventato il loro organo d’informazione. Quelli, indicati dal M5S per l’audizione alla Camera, non possono non sostenere le posizioni di questo, che poi sono identiche alle loro.
E’ evidente che il Movimento assuma sempre più i connotati di intima connessione con il “partito dei PM” nel tentativo di sostituire in quel ruolo la contiguità del PD. Ed infatti, di rincorsa, la responsabile giustizia Senatrice Rossomando, intervistata a Radio24, tenta un funambolico equilibrismo nel vano tentativo di garantire la responsabilità verso il Governo, non contraddire apertamente gli alleati (più o meno reali o potenziali) e non contestare la posizione dei magistrati.
“Tutte le mediazioni, tutte le responsabilità vanno bene”, come dice il Sottosegretario Sisto, ma mai a discapito dei legittimi diritti del cittadino. Le forme di garanzia processuale sono intoccabili, il diritto all’impugnazione è fondamento della civiltà giuridica; “la riforma della prescrizione non comporterà alcuna impunità e certo non si può giustificare il fatto che cittadino debba rimanere per anni nella macchina infernale del processo perché la giustizia è inefficiente” ha ribadito Sisto a Radio24. Quindi l’appello non si tocca ed è impossibile il ritorno al “fine pena mai”.
La Giustizia è lo specchio della civiltà di un Paese; risponde ad esigenze superiori che riguardano i sacrosanti ed inviolabili diritti dei cittadini. Non può e non deve diventare terreno di scontro della politica.
Avv. Eros Baldini, Responsabile Dipartimento Giustizia Forza Italia Toscana









Giustizia: concretezza ed utilità da Forza Italia
Il Responsabile Dipartimento Giustizia di Forza Italia Toscana Eros Baldini: “un’impronta decisa per riforma nell’ottica della ragionevole durata del processo e del conseguente rispetto dei precetti costituzionali”
Se da una parte plaudiamo alla manifestata volontà di concreta riforma della giustizia, dall’altra si lamenta l’ennesima occasione persa per una riorganizzazione organica del sistema giustizia. Perché il parto del recente CDM risulta frutto più dell’evidente ricerca di un punto di equilibrio fra le varie ideologie ed identità che compongono l’inconsueta, variegata e disomogenea maggioranza di governo, che di un percorso teso al raggiungimento dell’efficacia e dell’effettività.
Le proposte di Forza Italia erano più sistemiche e orientate ad una maggiore concretezza ed utilità al fine di dare l’impronta ad una decisa riforma nell’ottica della ragionevole durata del processo e del conseguente rispetto dei precetti costituzionali. Non solo, ma anche e soprattutto verso le positive ricadute nel senso della affidabilità ed attrazione di investimenti internazionali che una migliore gestione della giustizia garantiscono.
La doverosa e necessaria forzatura operata dal PM Draghi nell’ottica dell’unanimità di impegno è sicuramente dettata dalla pressante necessità di intercettare i fondi europei. Auspichiamo sinceramente che la presa di consapevolezza mostrata, non senza il tangibile segno di divisioni e contrasti interni, da tutte le forze politiche, non venga sconfessata da ambigui comportamenti in sede di votazione parlamentare. Ciò inevitabilmente provocherebbe una scollatura della coesione delle forze di maggioranza, difficilmente giustificabile e rimediabile.
Non è ammissibile che ambizioni politiche di personaggi all’inseguimento di collocazioni o di soggetti politici alla ricerca della propria identità vadano a danno del lavoro operato con la fondamentale seria, pragmatica, affidabile e responsabile collaborazione dei forzisti azzurri. Non vogliamo e non possiamo permetterci di perdere la coincidenza con questo treno che significa il rilancio delle ambizioni di ripresa del nostro Paese.
Avv. Eros Baldini, Responsabile Dipartimento Giustizia Forza Italia Toscana









Giustizia: Serve intervento del Presidente della Repubblica
Il Responsabile Dipartimento Giustizia di Forza Italia Toscana Eros Baldini sottolinea l’importanza dell’ abbandonare il silenzio e la riservatezza che oggi rappresentano una debolezza nei confronti di una situazione doverosamente da disinnescare
Tristemente si assiste ad un andamento parabolico della potere giudiziario italiano.
Dopo la stagione della lotta alla mafia e di mani pulite, la considerazione in termini di solidità e affidabilità del magistrato era salita in un’impennata vertiginosa. L’essere magistrato di per sé importava una garanzia verso la lotta all’illegalità ed al malgoverno imperante, con inevitabili riverberi in ambito politico e amministrativo con massiccia occupazione dei ruoli: dagli scranni del Parlamento, fino alle poltrone dei sindaci.
Questo ha comportato un enorme rafforzamento della categoria che, esorbitando dai limiti propri imposti dalla tripartizione dei poteri, l’ha condotta ad una autoreferenzialità e fino quasi ad un delirio di onnipotenza. Quantomeno in quei vertici che la rappresentavano associativamente.
Da ciò l’inevitabile caduta non solo in termini di popolarità, che non può e non deve essere obbiettivo dei poteri dello Stato, ma finanche giungendo a minare la propria stessa credibilità. Con ricadute nell’ambito di operatività pratica e dequalifica di tutta la magistratura.
Negli ultimi tempi, dall’ “affaire Palamara”, fino alla vicenda di Verbania, un susseguirsi di tonfi hanno caratterizzato l’immagine pubblica del potere giudiziario. Gestione delle nomine, progresso delle carriere, esercizio del potere, indebite influenze, rapporti interni, scomode ingerenze; tutte vicende interne ed esterne dell’autorità giurisdizionale che hanno provocato e provocano continui colpi e contraccolpi in una progressione apparentemente senza fine.
E’ lo stesso complesso degli organi dello Stato istituiti per l’esercizio della giurisdizione, indubbiamente composto per la stragrande maggioranza di soggetti che indossano il grave peso della toga con responsabilità e giudizio, ha l’onere di ribellarsi a questa ignobile deriva. La consapevolezza, la coscienza dell’importanza del loro indispensabile ruolo e dell’alto compito che ne consegue è la migliore garanzia di una pronta ripresa.
Deve però abbandonare il silenzio e la riservatezza che, usualmente cifra preziosa ed essenziale del buon Giudice, oggi rappresentano una debolezza nei confronti di una situazione doverosamente da disinnescare.
E’ obbligo del Presidente della Repubblica, non a caso anche Presidente del CSM, e della Guardasigilli intervenire prontamente al fine di evitare il precipitare nell’abisso, che sembra improvvisamente essersi aperto dopo che è stato squarciata l’immagine di perfetta efficienza.
E’ compito ineludibile del Parlamento conferire nuovo impulso alla legge di iniziativa popolare che ha visto raccolte 75mila firme per la separazione delle carriere. Attualmente giace addormentata in Commissione Affari Costituzionale della camera, in attesa di un volenteroso Principe che la risvegli.
Mai momento potrebbe essere più indicato.
Avv. Eros Baldini, Responsabile Dipartimento Giustizia Forza Italia Toscana









Giustizia: riforma prioritaria per i fondi del Recovery
Il Responsabile Dipartimento Giustizia di Forza Italia Toscana Eros Baldini: “Se vogliamo ricevere i fondi del Recovery Fund è prioritario riformare la giustizia”
Dopo tanti proclami, finiti in fumo, stavolta si fa sul serio: se non si voglio perdere i denari erogati dall’Europa le riforme “s’hanno da fare”.
La commissione ministeriale appositamente istituita ha presentato una serie di soluzioni che hanno soprattutto a che fare con la riduzione dei tempi: l’impegno è infatti indirizzato alla riduzione di un quarto dei tempi medi del processo entro i prossimi cinque anni. Come nei giudizi civili, anche nei giudizi penali la durata media dei procedimenti in Italia è infatti superiore, e di molto, alla media europea.
Durante l’incontro con i capigruppo della commissione Giustizia, la ministra Cartabia ha spiegato che un’eccessiva durata del processo, in particolare nel processo penale, «determina due disfunzioni che costituiscono violazioni di principi costituzionali ed europei: l’eccessivo numero di processi che si concludono con la prescrizione, e la violazione del fondamentale diritto alla ragionevole durata del processo per gli imputati, garantito dalla Costituzione e che ha le sue radici nell’esigenza di assicurare il rispetto effettivo della presunzione di innocenza». Cartabia ha aggiunto che i giudizi lunghi fanno un duplice danno: «frustrano la domanda di giustizia e ledono le garanzie della giustizia».
Idee chiare e precise, che però sono in balia degli equilibri politici e rischiano quindi di naufragare in soluzioni di compromesso, che la giustizia non si può permettere.
Ad esempio quando si osserva che il lavoro delle commissioni è orientato a mettere a punto le proposte di emendamento da presentare alla Camera» sul disegno di legge Bonafede, il testo base della discussione. Un testo sostanzialmente avversato da accademia, avvocatura e parte considerevole della magistratura.
Oltre alle proposte sulla prescrizione, la commissione ministeriale ne ha presentate anche altre: allargamento dei riti alternativi, riduzione della possibilità da parte dei pubblici ministeri di impugnare le sentenze in appello sia in caso di condanna che di assoluzione, introduzione di principi di maggior rigore per contestare la condanna di primo grado da parte dell’imputato, estensione dell’istituto della “tenuità del fatto” (quando, a certe condizioni, si stabilisce che il reato c’è stato, ma viene meno la punibilità di chi l’ha commesso), maggiore controllo del giudice per le indagini preliminari (Gip) sul lavoro del pubblico ministero, modifiche sul tempo limite per le indagini.
La riforma della prescrizione era contenuta nel disegno di legge anticorruzione, il cosiddetto “Spazzacorrotti”, ed era stata fortemente voluta da Bonafede e dal Movimento 5 Stelle: prevede il blocco assoluto della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, sia in caso di condanna che di assoluzione.
La riforma, molto discussa e criticata, era stata in parte superata dal secondo governo Conte (a guida PD-Movimento 5 Stelle-Liberi e Uguali) con una legge che, sul tema della prescrizione, conteneva un compromesso tra le forze di maggioranza chiamato “Lodo Conte Bis”, dal nome del deputato di Liberi e Uguali Federico Conte. Il “Lodo Conte Bis” prevede il blocco della prescrizione solo dopo una sentenza di condanna di primo grado, e prevede che i tempi di prescrizione siano calcolati dall’inizio del processo nel caso in cui dopo una condanna in primo grado ci sia un’assoluzione in secondo grado. In caso di due condanne, una in primo grado e una in appello, la prescrizione viene invece definitivamente bloccata.
Questo è il testo base (genericamente chiamato ddl Bonafede) che sta esaminando la commissione Giustizia della Camera e al quale i vari partiti hanno presentato i loro emendamenti: più di 700. Gli emendamenti vanno in direzioni opposte. Semplificando: c’è chi ha proposto di tornare alla Spazzacorrotti (M5S), chi vuole tornare alla prescrizione come era prima della Spazzacorrotti (Forza Italia), e chi vuole modificare il Lodo Conte bis (PD). E quindi sorge il pericolo concreto del parto di una riforma che, per accontentare tutti, rischia di scontentare tutti. In primis l’esigenza di un giusto processo, che tutti, Europa in testa, ritengono indispensabile.
In questo incerto e precario equilibrio si inserisce l’annunciato referendum proposto dal Partito Radicale: i quesiti, secondo quanto dichiarato, riguarderebbero la responsabilità civile dei magistrati, la separazione delle carriere, la custodia cautelare, un pezzo di legge Severino e l’uso dei cosiddetti “captatori informatici”, quei software che permettono di attivare a distanza il microfono dei dispositivi elettronici privati come pc e smartphone, e registrare ciò che accade intorno.
Delicato ed importantissimo risulta quindi il compito delle commissioni e della Ministro soprattutto.
La riforma della giustizia è uno degli impegni che l’Italia si è presa con l’Unione Europea per ottenere i circa 200 miliardi di euro di finanziamenti del Recovery Fund. L’obiettivo è approvare prima del prossimo autunno tre leggi delega – con le quali il Parlamento, per l’appunto, delega il governo a legiferare su una determinata questione – per la riforma del processo civile, del processo penale e del Consiglio superiore della magistratura. Altrettanto e forse anche più importante è restituire all’Italia un’architettura giuridica che la rimetta in linea con i principi costituzionali, con i dettami di giurisdizione indicati dall’Europa e con la oggettiva tutela dei diritti, che è lo specchio della civiltà di una nazione.
Avv. Eros Baldini, Responsabile Dipartimento Giustizia Forza Italia Toscana









Giustizia, Baldini: CSM, non è un caso
Il Responsabile Dipartimento Giustizia di Forza Italia Toscana Eros Baldini: “CSM, non è un caso”
Dal “caso” Palamara al “caso” CSM, immancabilmente transitando per l’onnipresente Davigo, si assiste al susseguirsi di una serie di terremoti che stanno minando la stabilità ed abbattendo la credibilità del sistema giudiziario. Continuare ad etichettare ogni vicenda come “caso” appare però una pericolosa sottovalutazione dell’attuale e concreto grave pericolo, così come puntare le luci dei riflettori su singoli soggetti può sviare il reale focus della situazione.
Sembra del tutto evidente che una considerevole parte dell’apparato giudiziario, in particolare l’organico apicale della magistratura associata, risponda a regole che esulano dai dettami costituzionali e costituiscano una seria minaccia alla stabilità dell’assetto statuale. L’impressione è che attraverso l’istituzione di un vero e proprio sistema, si sia deviato dagli obbiettivi istituzionali per creare una organizzazione che risponde a logiche estranee e distoniche rispetto all’impianto ordinamentale.
Se la magistratura antepone interessi di potere, di carriera, se non addirittura economici, rispetto al buon governo della giustizia, occorre un intervento. Forte ed immediato.
Le soluzioni ci sono. In linea generale mediante una riforma del codice processuale penale che porti ad un reale equilibrio fra le parti processuali e garantisca la terzietà del giudice, sgombrando il campo dall’attuale sistema spurio fra l’inquisitorio e l’accusatorio; una forma di processo mai realmente e pienamente digerita da una parte della magistratura che ha sempre mostrato una epidermica intolleranza verso l’accettazione della parità tra difesa ed accusa.
Così giungendo finalmente alla realizzazione della riforma di civiltà giuridica voluta nel 1988 e mai compiutamente attuata.
Più in particolare: attraverso la conclusione dell’iter necessario per l’approvazione della legge di iniziativa popolare per la separazione delle carriere, che ha visto raccolte oltre 72mila firme, con conseguente riforma del CSM; una revisione in senso temperatorio dell’obbligatorietà dell’azione penale, congruamente disciplinata dalla legge, nei modi e nei casi, così da rendere trasparenti i criteri di scelta e di priorità; l’istituzione di un sistema penale “minimo” attraverso l’espansione dell’operatività dei riti alternativi, la revisione dell’udienza preliminare, mediante una depenalizzazione ragionata ed incisiva.
Il tutto al fine di massimizzare l’efficienza delle sedi giudiziarie e raggiungere l’obbiettivo della ragionevole durata del processo.
Le soluzioni ci sono, e sono possibili, perché, oltre alla praticabilità delle proposte, si può contare sul consenso e sull’apporto della gran parte della magistratura, guidata da un profondo senso di responsabilità portato dall’alto compito attribuitogli dalla carta costituzionale. Così come sulla conformità di posizioni dell’accademia e dell’avvocatura, pronte e capaci di offrire il proprio fattivo contributo.
Il problema è di palmare evidenza; le soluzioni sono attuabili; la base per le fondamenta è solida.
Occorre che la ministra Cartabia impugni saldamente, come nelle sue capacità e possibilità, la situazione, intervenendo sulle distorsioni evidenziate per disinnescare l’emergenza.
Inoltre si impone che il Parlamento istituisca una commissione d’inchiesta al fine di sviscerare la problematica; se è vero che non è prevista l’indagine su un potere dello Stato è altrettanto incontestabile che si tratti di una situazione eccezionale, che riguarda non il potere giurisdizionale in sé, ma la prassi distorta che gli è stata data dai suoi stessi componenti; peraltro appare altamente improbabile che si possa praticare la via dell’autoriforma, soprattutto visti gli esiti fin qui raggiunti.
Improcrastinabile ed urgente risulta poi riprendere ed accelerare il percorso legislativo per giungere ad una seria e ragionata riforma organica che eviti il pericolo di una deriva eversiva incline ad una amministrazione della Giustizia orientata alla soddisfazione di interessi particolari di quella che ha tutta l’aria di apparire come la vera e propria casta.
Avv. Eros Baldini, Responsabile Dipartimento Giustizia Forza Italia Toscana
Baldini: Grillo ed il giustizialismo a 5 stelle
Il Responsabile Dipartimento Giustizia di Forza Italia Toscana Eros Baldini: “Grillo ed il giustizialismo a 5 stelle. Draghi rimuova con effetto immediato la Macina da sottosegretario alla Giustizia”
A questo siamo giunti.
Quindi Grillo, la Macina e Toninelli, e qualche altro personaggio di pari ignoranza, nel vero significato latino del termine, vorrebbero, o meglio pretenderebbero, che la Procura della Repubblica di Tempio Pausania archivi il fatto; e se non lo facesse sarebbe solo per un attacco politico nei confronti del “garante” dei 5 Stelle!
Quei 5 Stelle che, dalla legge sulla prescrizione in poi, hanno demolito secoli di cultura giuridica. Con lo stesso Grillo come ideologo e Bonafede come braccio armato, hanno fatto del populismo giudiziario e della carcerocentricità le proprie bandiere, urlato verso, inveito contro e cercato d’intimidire tutte le istituzioni dello Stato: a partire dalla minaccia di denuncia al Presidente della Repubblica alla Corte Costituzionale fino all’attuale attacco verso la magistratura inquirente!
Il tutto nell’assordante silenzio di quel CSM sempre pronto a risoluzioni a tutela dei magistrati e dell’indipendenza della magistratura. Proprio quei 5 Stelle che hanno calpestato la costituzione e ridotto questo Stato a un simulacro di giustizia. Pensate cosa avrebbero fatto e detto i 5 Stelle, i loro alleati del PD e il CSM, se invece di Grillo ci fosse stato Berlusconi, che hanno crocifisso e mandato ai servizi sociali per le feste con le “olgettine”.
Il compito della maggioranza è quello di sostenere il Governo, ma non a prescindere da tutto e contro tutto. Indipendentemente da come finirà’ questa vicenda dal punto giudiziario, di cui non possiamo e non vogliamo noi occuparci, FI ritiene opportuno chiedere al Premier Draghi di rimuovere con effetto immediato la Macina da sottosegretario alla Giustizia. Un ruolo che evidentemente non ha la struttura giuridica e morale per rivestire in rappresentanza dello Stato italiano.
Avv. Eros Baldini, Responsabile Dipartimento Giustizia Forza Italia Toscana
Baldini: Giustizia, doppio binario per deposito degli atti
Il Responsabile Dipartimento Giustizia di Forza Italia Toscana Eros Baldini: “doppio binario per il deposito e accesso agli atti e fascicoli dell’ avvocatura italiana. Digitalizzazione e cartaceo, fino a che il sistema digitale non sarà ottimizzato”
Il compito precipuo dell’amministrazione giudiziaria dovrebbe essere quello di garantire, ed addirittura facilitare, la tutela dei diritti dei singoli nel perseguire la Giustizia.
Al contrario, spinte moderniste ed esigenze da perseguire al fine di ottenere i fondi europei del recovery found hanno prodotto un improvviso scatto in avanti verso l’informatizzazione del processo.
Senza garantire un supporto informatico idoneo e un periodo di vigenza alternativa, il precedente Guardasigilli ha licenziato una norma che prevede la modalità esclusiva di deposito tramite portale degli atti difensivi, così impedendo ogni forma residuale di deposito cartaceo e trasformando l’avvio delle forme del processo telematico in un inammissibile detrimento dei diritti della difesa.
Nei giorni ultimi scorsi Forza Italia si è attivata attraverso una diretta interlocuzione col Sottosegretario alla Giustizia On. Francesco Paolo Sisto al fine di risolvere in maniera positiva la situazione di enorme compressione dei diritti del cittadino rappresentata dalla vigente normativa in materia di deposito degli atti, ricevendo ampia manifestazione di disponibilità e l’immediata attivazione per interessare la ministro Cartabia.
La perdurante impossibilità di accedere anche alle modalità tradizionali di deposito e accesso ai fascicoli, in presenza di un evidente malfunzionamento dei portali, sta determinando una grave lesione dei diritti dei cittadini sottoposti a procedimento penale e delle persone offese che non vedono garantita la loro rappresentanza e la loro difesa tecnica.
In tale situazione gli avvocati penalisti si sono prodotti in una serie di proteste locali e nazionali, fino a giungere, stante la perdurante inaccettabile inerzia, alla proclamazione da parte di UCPI della massima forma di protesta attraverso l’astensione dalle attività per i giorni 29, 30 e 31 marzo.
Forza Italia, comprendendo e condividendo le ragioni della legittima protesta e riconoscendo la necessità di un immediato intervento per porre rimedio alla delicata questione, fa propria la proposta dell’introduzione di un sistema di “doppio binario” che preveda la possibilità di deposito degli atti sia in via telematica attraverso il portale, che dovrà essere implementato e reso efficiente, che attraverso il deposito a mani e l’ invio per posta, anche elettronica certificata.
Con la legge n. 176 del 18 dicembre 2020, che ha convertito il decreto cd. “Ristori”, si è disposta una modalità unica di deposito, senza peraltro che nessuna forza politica ciò rivendicasse.
Non vi è dubbio che l’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia, abbia ancor più aggravato la situazione di crisi dell’apparato dell’amministrazione della Giustizia, già da tempo versante in una condizione drammatica.
Il sistema della legislazione emergenziale, divenuta ormai una regola, ed interventi dettati più dal populismo giudiziario che dalla effettiva ricerca della migliore efficienza hanno progressivamente stravolto i rito accusatorio scelto con la riforma del 1989 e progressivamente trasformato fin dal periodo stragista del 1992 in un sistema misto accusatorio-inquisitorio stravolto dal cortocircuito causato dalla difficile coniugazione del principio di legalità con l’obbligatorietà dell’azione penale.
Pertanto, molti e variegati sono all’orizzonte i nodi da sciogliere per rendere più scorrevole l’andamento del processo, ma allo stato l’emergenza è rappresentata dal cd. “portale del penale”. È evidente e incontestabile per tutti che la direzione verso la quale si dovrà rivolgere l’attività tecnica della difesa penale sia l’inevitabile informatizzazione e digitalizzazione: depositi via pec, accreditamento e accesso ai portali anche per la consultazione dei fascicoli processuali, facilitazioni delle interlocuzioni con Pubblici Ministeri e Giudici, notifiche e così via.
Ma questo non può certo realizzarsi attraverso un sistema che nasce già obsoleto, ma soprattutto presenta continui guasti e inconvenienti tecnici, che ne impediscono il funzionamento: i difensori non possono accreditarsi e ciò mette a repentaglio il rispetto dei termini processuali, i Pubblici Ministeri non hanno tempestiva contezza delle iniziative della difesa. Il deposito nel portale non è corredato da idonea certificazione comprovante l’esito positivo delle operazioni.
Spesso, intervenuto il deposito della nomina, è comunque impossibile accedere al fascicolo.
L’Avvocatura, al tavolo delle consultazioni al tempo del precedente Ministro, aveva proposto una soluzione ragionevole quale la previsione di un regime che consentisse anche di ricorrere al deposito nelle forme tradizionali fino al raggiungimento della completa efficienza del sistema in tutto il territorio nazionale.
Il risultato è rappresentato dal successivo decreto 13.1.2021 del Ministro della Giustizia che ha addirittura esteso tale esclusiva modalità al deposito della querela, degli atti di opposizione alla richiesta di archiviazione e dell’atto di nomina.
Peraltro, gli interventi limitativi delle prerogative dei difensori, introdotti con atti privi di forza di legge, sono continuati anche con le note del Direttore del D.G.S.I.A. che, con i provvedimenti del 5.2.2021 e del 24.2.2021 ha imposto il deposito del cd. “atto abilitante”, dunque onerando il difensore di un ulteriore incombente non previsto dalla legge.
Tale oggettiva situazione dovrebbe concludersi il 30 aprile 2021, termine ultimo per le misure di emergenza di contrasto alla pandemia, ma inequivocabili sono gli annunci di provvedimenti di proroga di tutte tali misure.
Avv. Eros Baldini, Responsabile Dipartimento Giustizia Forza Italia Toscana