Gramigna: Il Made in Italy al 4 posto
La responsabile del Dipartimento tutela del Made in Italy di Forza Italia Toscana Antonella Gramigna: “Il Made in Italy al 4 posto. Fa passi avanti, ma serve altro. Cosa? Crederci ( politicamente) di più”
Il Made in italy, un valore imprescindibile, che necessita di sostegno e soprattutto di promozione. Cosa si fa per questo? Molto poco.
Una recente ricerca di The European House-Ambrosetti evidenzia che, nonostante gli sforzi e il tanto sbandierare questa nostra grandissima qualità, non riusciamo a difendere all’estero la specificità, e quindi il business, del made in Italy alimentare.
Le vendite all’estero di prodotti ottenuti dalla filiera agroalimentare , dobbiamo darne merito, e lo dobbiamo ai tanti nostri imprenditori capaci, hanno registrato nel 2021 un giro d’affari alto, 50,1 miliardi di euro, mai stato così, segnando una crescita media nell’ultimo decennio del 5,5% e chiudendo la stagione con un saldo positivo di 3,3 miliardi di euro.
Ma pur brindando a questo risultato, e pur facendo la differenza di altri paesi, avendo un ricco paniere di proposte enogastronomiche, da nord a sud, il nostro Bel Paese si trova al quinto posto nel ranking dei Paesi europei esportatori di prodotti agroalimentari, scivolando in sesta posizione tra i 10 top exporter per incidenza delle esportazioni agroalimentari sul totale dell’export nazionale.
Tra le criticità che si vedono e costituiscono la base di questo ritardo, alcune sottolineate dalla ricerca (presentata al forum La Roadmap del futuro per il food&beverage) vi sono la sicuramente la dipendenza del nostro Paese da alcune materie prime agricole, come ad esempio i cereali, una imprenditoria media frammentata in tante piccole realtà, quindi più fragili economicamente rispetto ad altre catene più grandi, che oggi rappresenta il 92,8% del totale e genera solo il 13,2% dei ricavi globali, ma soprattutto ciò che mina fortemente il settore è il fenomeno dell’ Italian Sounding.
Come Forza Italia in UE tanto lo abbiamo contrastato grazie ad Antonio Tajani, di cui ho già parlato in precedenza, perché indebolisce fortemente il posizionamento estero dei prodotti italiani, sostituendoli con copie di prodotti Made in Italy.
In alcuni Paesi la quota di referenze “Italian Sounding” nei punti vendita della grande distribuzione è scandalosa: in primis, il Giappone (70,9%), seguito a brevissima distanza dal Brasile (70,5%), mentre in Europa il dato maggiore è stato riscontrato in Germania (67,9%). A livello di prodotti, i più imitati sono ragù (61,4%), parmigiano (61,0%) e aceto balsamico (60,5%).
Sommando il valore dell’Italian Sounding dei prodotti alimentari monitorati, si stima un fatturato di 10,4 miliardi di euro, il 58% in più rispetto a quanto generano complessivamente gli stessi prodotti veramente italiani.
Partendo da questi risultati e correlandoli con il valore dell’export di riferimento a questi prodotti, si ottiene un moltiplicatore dell’ Italian Sounding pari a 1,58 che, applicato su larga scala internazionale, fa emergere come questo fenomeno da solo possa giungere a valere 79,2 miliardi di euro. Sommando, quindi, questa cifra al dato effettivo delle esportazioni, l’Italia (idealmente) andrebbe ad incassare dal commercio oltreconfine dei suoi prodotti agroalimentari, ben 129,3 miliardi di euro.
Ecco che la mancata difesa del Made in Italy alimentare, ma allargherei anche ad altri settori, porta a 79 miliardi di euro e più di mancato business. Quindi di mancata economia, lavoro, investimenti.
Quanto ancora ci vorrà per comprendere il valore di questo nostro settore? Quanto ancora per porre sotto la lente l’importanza della promozione Made In come valore culturale ed economico? Le varie proposte fatte ad oggi sono risultate poco ascoltate, bisogna sostenere le aziende, specie quelle medio piccole, con politiche attive, giuste e solidali al Made in, perchè altrimenti verremo fagocitati dal finto prodotto italiano che, a quanto pare, rende maggiormente.
Rinnovo la proposta di un ministero ad hoc, e di una politica che guardi verso questa direzione, per noi non procastinabile.
Non è più tempo di errori, adesso servono fatti concreti.
Antonella Gramigna, Responsabile Dipartimento Tutela del Made in Italy Forza Italia Toscana
Made in Italy: Italian sounding G20
Made in Italy: Italian sounding G20. La responsabile del Dipartimento tutela del Made in Italy di Forza Italia Toscana Antonella Gramigna: “più vero Made in Italy certificato in Europa e nel mondo, più occupazione, più Italia e più economia per il nostro paese”
Si è concluso a Firenze il G20 Agricoltura, ed il tema del Made in Italy ha tenuto banco, puntando il dito sulla qualità e la autenticità dei nostri prodotti, al fine di garantire e tutelare questo importante segmento agroalimentare attraverso una certificazione di identità, in Europa e nel mondo.
L’incontro con il Commissario Wojciechowski e con l’intera delegazione europea della Commissione Agricoltura, ha permesso di mettere a fuoco i diversi aspetti che riguardano il Made in Italy, e soprattutto la diffusione nel mondo di tanti prodotti “Fake”.
In occasione del G20 dell’agricoltura di Firenze, in Piazza Santa Croce e’ stata allestita, in tal senso, una mostra di stand a dimostrazione delle piu’ incredibili imitazioni dei veri prodotti italiani scovati nei 20 Paesi partecipanti al Summit.
La dimostrazione di quanto ormai esiste e viene detto da tempo, e cioè del cosiddetto “ italian sounding”, per il quale occorre la salvaguardia della nostra qualità famosa nel mondo, attraverso un urgente ed immediato intervento contro un fenomeno che ha decisamente un impatto devastante sull’economia nazionale, oltre, ovviamente a mascherare negativamente le nostre qualità.
Si pensi che detti prodotti hanno gia’ raggiunto valori pari a a piu’ del doppio delle esportazioni agroalimentari Made in Italy.
Coldiretti ha ben illustrato come gli argentini si siano specializzati nella produzione di formaggi che richiamano alle nostre Dop piu’ prestigiose, come il Reggianito o il Grana Pampeana, magari “innaffiati” da Marsala fasullo e Bordolino Vino Tinto, ied n Australia va forte il Perfect Italiano Parmesan, tarocco del nostro Parmigiano reggiano, da grattugiare sopra le San Remo Penne.
Ma anche in altre parti del mondo come il Brasile , che e’ una miniera di falsi che vanno dalla Mortadela al Parmesao fino al Caccio Cavalo, ai canadesi ed il Veneto Salami o il provolone e il montasio “made in acero”, fino al kit di polveri per fare il Chianti.
Un “KIT “di polveri! Da vergogna.
“Ma pure l’asse franco-tedesco – ricorda Coldiretti – e’ attivo nel campo dei tarocchi alimentari tra Spaghetti Bolognese e Torti carbonara rigorosamente transalpini e Cambozola, Zottarella e (storpiature dei nostri gorgonzola e mozzarella) germanici, cosi’ come Perisecco e Meer Secco parenti poveri del vero Prosecco. In Cina, che invade l’Italia di derivati di pomodoro, vengono predilette (paradossalmente) le passate tricolori, almeno di nome, come il Gino Tomato Paste o il Ciao Doppio Concentrato.
Non fanno eccezione paesi come il Messico, dove si fanno i Tortellonis, la Corea del Sud che mette in tavola i Chapagetti o il Sudafrica del Mascarpone, ma tra i nuovi taroccatori ci sono – aggiunge la Coldiretti – pure i russi, dove per soddisfare la fame di italianita’, dopo l’embargo sui prodotti tricolori, e’ nata una fiorente industria tra Parmesan Dolce e salame Milano”.
Si stima che nel mondo piu’ due prodotti agroalimentari tricolori su tre siano falsi, senza alcun legame produttivo ed occupazionale con il nostro Paese. Ecco che serve una politica forte e aggressiva, e duratura contro il falso Made in Italy, perché oltre a tutelare la nostra identità, il nostro valore e la nostra alta qualità, che non è slegata da tutta la filiera produttiva, si possono creare ben 300 mila posti di lavoro in Italia.
Tra le nostre ricette piu’ “tradite” possiamo veder servire la famosa caprese con formaggio industriale al posto della mozzarella di bufala o del fiordilatte, per non parlare della pizza che viene offerta nelle versioni piu’ bizzarre, da quella hawaiana con l’ananas a quella di pollo. Non chiamatela pizza!
La produzione agroalimentare Made in Italy a denominazione chiara di origine , come esportazione potrebbe essere nettamente superiore e migliore se venisse posto in atto un chiaro stop alla contraffazione alimentare internazionale, anche contrastando l’utilizzo improprio di parole, colori, localita’, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per alimenti taroccati che non hanno nulla a che fare con il sistema produttivo nazionale, nè con la nostra storia .
“Quello agricolo- ha affermato Wojciechowski- è un settore di successo, perché si basa su valori e strutture unici al mondo: piccole e media imprese, spesso a conduzione familiare, che portano avanti attività riconosciute in tutto il mondo”.
Bene. E allora più vero Made in Italy certificato in Europa e nel mondo, più occupazione, più Italia e più economia per il nostro paese.
Antonella Gramigna, Responsabile Dipartimento Tutela del Made in Italy Forza Italia Toscana



Made in Italy: Italian sounding G20
Made in Italy: Italian sounding G20. La responsabile del Dipartimento tutela del Made in Italy di Forza Italia Toscana Antonella Gramigna: “più vero Made in Italy certificato in Europa e nel mondo, più occupazione, più Italia e più economia per il nostro paese”
Si è concluso a Firenze il G20 Agricoltura, ed il tema del Made in Italy ha tenuto banco, puntando il dito sulla qualità e la autenticità dei nostri prodotti, al fine di garantire e tutelare questo importante segmento agroalimentare attraverso una certificazione di identità, in Europa e nel mondo.
L’incontro con il Commissario Wojciechowski e con l’intera delegazione europea della Commissione Agricoltura, ha permesso di mettere a fuoco i diversi aspetti che riguardano il Made in Italy, e soprattutto la diffusione nel mondo di tanti prodotti “Fake”.
In occasione del G20 dell’agricoltura di Firenze, in Piazza Santa Croce e’ stata allestita, in tal senso, una mostra di stand a dimostrazione delle piu’ incredibili imitazioni dei veri prodotti italiani scovati nei 20 Paesi partecipanti al Summit.
La dimostrazione di quanto ormai esiste e viene detto da tempo, e cioè del cosiddetto “ italian sounding”, per il quale occorre la salvaguardia della nostra qualità famosa nel mondo, attraverso un urgente ed immediato intervento contro un fenomeno che ha decisamente un impatto devastante sull’economia nazionale, oltre, ovviamente a mascherare negativamente le nostre qualità.
Si pensi che detti prodotti hanno gia’ raggiunto valori pari a a piu’ del doppio delle esportazioni agroalimentari Made in Italy.
Coldiretti ha ben illustrato come gli argentini si siano specializzati nella produzione di formaggi che richiamano alle nostre Dop piu’ prestigiose, come il Reggianito o il Grana Pampeana, magari “innaffiati” da Marsala fasullo e Bordolino Vino Tinto, ied n Australia va forte il Perfect Italiano Parmesan, tarocco del nostro Parmigiano reggiano, da grattugiare sopra le San Remo Penne.
Ma anche in altre parti del mondo come il Brasile , che e’ una miniera di falsi che vanno dalla Mortadela al Parmesao fino al Caccio Cavalo, ai canadesi ed il Veneto Salami o il provolone e il montasio “made in acero”, fino al kit di polveri per fare il Chianti.
Un “KIT “di polveri! Da vergogna.
“Ma pure l’asse franco-tedesco – ricorda Coldiretti – e’ attivo nel campo dei tarocchi alimentari tra Spaghetti Bolognese e Torti carbonara rigorosamente transalpini e Cambozola, Zottarella e (storpiature dei nostri gorgonzola e mozzarella) germanici, cosi’ come Perisecco e Meer Secco parenti poveri del vero Prosecco. In Cina, che invade l’Italia di derivati di pomodoro, vengono predilette (paradossalmente) le passate tricolori, almeno di nome, come il Gino Tomato Paste o il Ciao Doppio Concentrato.
Non fanno eccezione paesi come il Messico, dove si fanno i Tortellonis, la Corea del Sud che mette in tavola i Chapagetti o il Sudafrica del Mascarpone, ma tra i nuovi taroccatori ci sono – aggiunge la Coldiretti – pure i russi, dove per soddisfare la fame di italianita’, dopo l’embargo sui prodotti tricolori, e’ nata una fiorente industria tra Parmesan Dolce e salame Milano”.
Si stima che nel mondo piu’ due prodotti agroalimentari tricolori su tre siano falsi, senza alcun legame produttivo ed occupazionale con il nostro Paese. Ecco che serve una politica forte e aggressiva, e duratura contro il falso Made in Italy, perché oltre a tutelare la nostra identità, il nostro valore e la nostra alta qualità, che non è slegata da tutta la filiera produttiva, si possono creare ben 300 mila posti di lavoro in Italia.
Tra le nostre ricette piu’ “tradite” possiamo veder servire la famosa caprese con formaggio industriale al posto della mozzarella di bufala o del fiordilatte, per non parlare della pizza che viene offerta nelle versioni piu’ bizzarre, da quella hawaiana con l’ananas a quella di pollo. Non chiamatela pizza!
La produzione agroalimentare Made in Italy a denominazione chiara di origine , come esportazione potrebbe essere nettamente superiore e migliore se venisse posto in atto un chiaro stop alla contraffazione alimentare internazionale, anche contrastando l’utilizzo improprio di parole, colori, localita’, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per alimenti taroccati che non hanno nulla a che fare con il sistema produttivo nazionale, nè con la nostra storia .
“Quello agricolo- ha affermato Wojciechowski- è un settore di successo, perché si basa su valori e strutture unici al mondo: piccole e media imprese, spesso a conduzione familiare, che portano avanti attività riconosciute in tutto il mondo”.
Bene. E allora più vero Made in Italy certificato in Europa e nel mondo, più occupazione, più Italia e più economia per il nostro paese.
Antonella Gramigna, Responsabile Dipartimento Tutela del Made in Italy Forza Italia Toscana


