Giustizia: riforma prioritaria per i fondi del Recovery
Il Responsabile Dipartimento Giustizia di Forza Italia Toscana Eros Baldini: “Se vogliamo ricevere i fondi del Recovery Fund è prioritario riformare la giustizia”
Dopo tanti proclami, finiti in fumo, stavolta si fa sul serio: se non si voglio perdere i denari erogati dall’Europa le riforme “s’hanno da fare”.
La commissione ministeriale appositamente istituita ha presentato una serie di soluzioni che hanno soprattutto a che fare con la riduzione dei tempi: l’impegno è infatti indirizzato alla riduzione di un quarto dei tempi medi del processo entro i prossimi cinque anni. Come nei giudizi civili, anche nei giudizi penali la durata media dei procedimenti in Italia è infatti superiore, e di molto, alla media europea.
Durante l’incontro con i capigruppo della commissione Giustizia, la ministra Cartabia ha spiegato che un’eccessiva durata del processo, in particolare nel processo penale, «determina due disfunzioni che costituiscono violazioni di principi costituzionali ed europei: l’eccessivo numero di processi che si concludono con la prescrizione, e la violazione del fondamentale diritto alla ragionevole durata del processo per gli imputati, garantito dalla Costituzione e che ha le sue radici nell’esigenza di assicurare il rispetto effettivo della presunzione di innocenza». Cartabia ha aggiunto che i giudizi lunghi fanno un duplice danno: «frustrano la domanda di giustizia e ledono le garanzie della giustizia».
Idee chiare e precise, che però sono in balia degli equilibri politici e rischiano quindi di naufragare in soluzioni di compromesso, che la giustizia non si può permettere.
Ad esempio quando si osserva che il lavoro delle commissioni è orientato a mettere a punto le proposte di emendamento da presentare alla Camera» sul disegno di legge Bonafede, il testo base della discussione. Un testo sostanzialmente avversato da accademia, avvocatura e parte considerevole della magistratura.
Oltre alle proposte sulla prescrizione, la commissione ministeriale ne ha presentate anche altre: allargamento dei riti alternativi, riduzione della possibilità da parte dei pubblici ministeri di impugnare le sentenze in appello sia in caso di condanna che di assoluzione, introduzione di principi di maggior rigore per contestare la condanna di primo grado da parte dell’imputato, estensione dell’istituto della “tenuità del fatto” (quando, a certe condizioni, si stabilisce che il reato c’è stato, ma viene meno la punibilità di chi l’ha commesso), maggiore controllo del giudice per le indagini preliminari (Gip) sul lavoro del pubblico ministero, modifiche sul tempo limite per le indagini.
La riforma della prescrizione era contenuta nel disegno di legge anticorruzione, il cosiddetto “Spazzacorrotti”, ed era stata fortemente voluta da Bonafede e dal Movimento 5 Stelle: prevede il blocco assoluto della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, sia in caso di condanna che di assoluzione.
La riforma, molto discussa e criticata, era stata in parte superata dal secondo governo Conte (a guida PD-Movimento 5 Stelle-Liberi e Uguali) con una legge che, sul tema della prescrizione, conteneva un compromesso tra le forze di maggioranza chiamato “Lodo Conte Bis”, dal nome del deputato di Liberi e Uguali Federico Conte. Il “Lodo Conte Bis” prevede il blocco della prescrizione solo dopo una sentenza di condanna di primo grado, e prevede che i tempi di prescrizione siano calcolati dall’inizio del processo nel caso in cui dopo una condanna in primo grado ci sia un’assoluzione in secondo grado. In caso di due condanne, una in primo grado e una in appello, la prescrizione viene invece definitivamente bloccata.
Questo è il testo base (genericamente chiamato ddl Bonafede) che sta esaminando la commissione Giustizia della Camera e al quale i vari partiti hanno presentato i loro emendamenti: più di 700. Gli emendamenti vanno in direzioni opposte. Semplificando: c’è chi ha proposto di tornare alla Spazzacorrotti (M5S), chi vuole tornare alla prescrizione come era prima della Spazzacorrotti (Forza Italia), e chi vuole modificare il Lodo Conte bis (PD). E quindi sorge il pericolo concreto del parto di una riforma che, per accontentare tutti, rischia di scontentare tutti. In primis l’esigenza di un giusto processo, che tutti, Europa in testa, ritengono indispensabile.
In questo incerto e precario equilibrio si inserisce l’annunciato referendum proposto dal Partito Radicale: i quesiti, secondo quanto dichiarato, riguarderebbero la responsabilità civile dei magistrati, la separazione delle carriere, la custodia cautelare, un pezzo di legge Severino e l’uso dei cosiddetti “captatori informatici”, quei software che permettono di attivare a distanza il microfono dei dispositivi elettronici privati come pc e smartphone, e registrare ciò che accade intorno.
Delicato ed importantissimo risulta quindi il compito delle commissioni e della Ministro soprattutto.
La riforma della giustizia è uno degli impegni che l’Italia si è presa con l’Unione Europea per ottenere i circa 200 miliardi di euro di finanziamenti del Recovery Fund. L’obiettivo è approvare prima del prossimo autunno tre leggi delega – con le quali il Parlamento, per l’appunto, delega il governo a legiferare su una determinata questione – per la riforma del processo civile, del processo penale e del Consiglio superiore della magistratura. Altrettanto e forse anche più importante è restituire all’Italia un’architettura giuridica che la rimetta in linea con i principi costituzionali, con i dettami di giurisdizione indicati dall’Europa e con la oggettiva tutela dei diritti, che è lo specchio della civiltà di una nazione.
Avv. Eros Baldini, Responsabile Dipartimento Giustizia Forza Italia Toscana
